Il fascismo e il suo impero nell’Archivio dell’Istituto Luce a cura di Gianmarco Mancosu

Quando pensiamo alla parola ‘archivio’, la prima definizione che viene in mente è quella di un luogo – fisico, ma anche virtuale – che contiene le tracce materiali e mediali di un dato periodo storico. L’archivio tuttavia non semplicemente conserva e classifica documenti, immagini e oggetti. Esso rivela in che modo gli individui e le società ricordano, come le memorie collettive vengono classificate, e che relazioni possono esserci tra i materiali conservati e il contesto sociale che li ha prodotti. In questo senso, l’Archivio dell’Istituto Luce costituisce una risorsa preziosa non semplicemente per ‘vedere’ il passato, ma anche per capire come la società italiana si è auto-immaginata in relazione a specifici eventi storici. Per quanto riguarda il periodo della dittatura fascista, l’Archivio Luce invita inoltre a riflettere su come il potere istituzionale abbia modellato immaginari in sintonia con gli obbiettivi politici del regime, e su come questi vennero diffusi orientando l’opinione degli italiani e il loro sguardo su sé stessi e sul mondo.

Prendiamo il caso della produzione cinematografica e fotografica riguardante la stagione coloniale italiana, tema recentemente trattato in un evento tenutosi al Birkbeck College (Università di Londra), intitolato Archive-as-a-method. Visuality, Race, and Gender in Italy’. Alcune immagini e narrazioni filmiche riguardanti l’oltremare italiano, prodotte dall’Istituto Luce tra il 1924 e la fine degli anni trenta, sono state esplorate alla luce sia delle diverse fasi della politica coloniale del regime fascista, e sia delle esigenze ideologiche legate alla conquista dell’impero. I tre fotogrammi qui riportati in qualche modo sintetizzano le tendenze presenti nella produzione visuale sul colonialismo fascista.

Uno dei primi filmati prodotti durante il ventennio che tratta del Corno d’Africa è un reportage sulla spedizione del giornalista Guelfo Civinini intitolato Aethiopia, prodotto nel 1924 dal ‘Sindacato d’istruzione cinematografica’, l’antenato dell’Istituto Luce. Il film – 15 minuti di inquadrature sui paesaggi etiopici e sulle popolazioni locali – è caratterizzato dall’uso di una prospettiva etnografica nella descrizione del panorama geografico e umano più che da un interesse politico di estensione del dominio coloniale. L’estratto qui riportato (figura 1) in qualche modo esemplifica questa tendenza. Uno sguardo incurioso e paternalistico viene veicolato con delle inquadrature che sembrano quasi voler spiare gli etiopici, soddisfacendo così una domanda di intrattenimento esotico ampiamente diffusa nei pubblici italiano ed europeo tra le due guerre mondiali.

Figura 1. Estratto del film Aethiopia 1924, di Guelfo Civinini. Sindacato Istruzione Cinematografica. © Istituto Luce Cinecittà s.r.l.

Questo fotogramma, così come il documentario nella sua interezza, tende a rappresentare l’Africa come una terra misteriosa, affascinante, esotica e in qualche modo consenziente allo sguardo dominatore europeo. Gli abitanti dell’Etiopia, rappresentati quasi esclusivamente nella loro dimensione rurale, sono incastonati in questo panorama naturale senza tempo che attende di essere risvegliato e portato nella modernità attraverso il contatto con la modernità europea. Di conseguenza, Aethiopia indirettamente testimonia che una politica coloniale tipicamente fascista non era ancora stata definita chiaramente.

La ‘riconquista’ libica della fine degli anni trenta e la guerra dichiarata all’Etiopia nell’ottobre 1935 sdoganarono le ambizioni imperiali del fascismo. I filmati prodotti dal reparto africano dell’Istituto Luce rivelano quali furono le tematiche ricorrenti usate per raccontare la guerra coloniale al pubblico nazionale. Il Reparto Foto-cinematografico Luce Africa Orientale fu istituito da Mussolini in persona per coordinare e rendere ancora più efficace l’azione propagandistica riguardante la guerra africana. Il Reparto Africa Orientale aveva una struttura bicefala, con un comitato operativo interministeriale basato a Roma e guidato dal presidente dell’Istituto Luce Giacomo Paulucci di Calboli. Il braccio operativo, installato prima all’Asmara e poi ad Addis Abeba, fu diretto nei primi mesi da Luciano De Feo, una figura fondamentale nella vita del Luce.

Gli estratti (figure 2 e 3) idealmente esemplificano due tra le tendenze più rilevanti che segnarono le rappresentazioni della conquista coloniale e dell’alterità africana. La prima tendenza (figura 2) riguarda uno sguardo etnografico nei confronti delle popolazioni africane che vengono sempre più ‘tribalizzate’, ‘esotizzate’ ed erotizzate. La costante esagerazione dei tratti ‘primitivi’ e l’insistenza sui corpi nudi o malati sono sintomo di una dignità umana che viene via via negata. Nei filmati, l’elemento umano africano è mostrato come indifeso davanti all’avanzata italiana, ma anche desideroso di essere redento e incluso all’interno della gerarchia razziale e civile designata dal regime.

Figura 2. L’addestramento degli indigeni e il loro inquadramento nei reparti italiani Cinegiornale LUCE B0855, marzo 1936. © Istituto Luce Cinecittà s.r.l.

Contemporaneamente, un’altra serie di rappresentazioni sulla conquista dell’Etiopia esaltavano l’operosità e la tecnologia civile e militare degli italiani. Le immagini di aerei, l’edificazione di strade, l’implementazione di servizi sanitari erano chiamate a rendere visibile e tangibile la presunta ‘missione civilizzatrice’ agli occhi del pubblico nazionale. L’invasione perde così i connotati di un’avanzata militare per essere mostrata come un’operazione benefica di conquista e redenzione dei corpi, delle società e della geografia dell’Etiopia. L’uso massiccio di riprese aeree (figura 3) esemplifica la tendenza di voler dominare ogni angolo del panorama africano. Il potere fascista visualizza il suo impero dall’alto, e questa angolazione dominante va di pari passo con la progressiva scomparsa dai filmati dei militari etiopici che stavano combattendo l’avanzata italiana. La guerra non è guerra, ma avanzata decisa e sicura verso l’edificazione di un impero armonioso e pacificato.

Figura 3. La visita del sottosegretario generale Valle sul fronte eritreo, Giornale LUCE B0822, gennaio 1936. © Istituto Luce Cinecittà s.r.l.

I due estratti qui citati (figure 2 e 3) potrebbero apparire contradditori, in quanto il primo presenta corpi nudi e indifesi mentre il secondo è un’inquadratura aerea su un panorama vuoto che attende di essere conquistato. Tuttavia, entrambi sono accomunati dal fatto che posizionano lo spettatore italiano in una posizione dominante rispetto all’elemento africano, che è sempre guardato dall’alto verso il basso. Questi ‘sguardi dall’alto’ erano chiamati a materializzare cinematograficamente la superiorità italiana descritta nei filmati come morale, tecnologica, e razziale. Le popolazioni locali, mostrate sempre accondiscendenti nei confronti dell’avanza fascista, venivano incluse nell’organizzazione imperiale in una posizione tuttavia subordinata. Gli africani che invece si opposero strenuamente alla cosiddetta ‘missione civilizzatrice’ non trovarono posto nei filmati Luce, che non mostrarono né la strenua resistenza etiopica e tantomeno le violenze coloniali.

L’analisi di questi tre fotogrammi rivela come diverse esigenze politiche e culturali abbiano assunto diverse forme estetiche tuttavia riconducibili all’esaltazione della presenza degli italiani in Africa ma anche alla denigrazione delle popolazioni e delle culture locali. Queste narrazioni cinematografiche costituiscono un peculiare archivio coloniale resiliente alla perdita dei possedimenti italiani avvenuta all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Questo perché sebben il processo di decolonizzazione politica terminò in Italia nel 1960, con la fine dell’Amministrazione Fiduciaria in Somalia, una profonda decolonizzazione degli immaginari coloniali fu invece molto più difficoltosa. Le immagini, i filmati, e le narrazioni legate a quell’esperienza devono quindi essere esplorate in maniera critica, in modo da capire quali fossero le politiche e il clima culturale che le produsse. Lungi dall’essere considerate semplici prove documentali dell’esperienza coloniale, i materiali filmici sull’impero coloniale italiano conservati nell’Archivio Storico dell’Istituto Luce possono rivelarsi uno strumento imprescindibile per leggere quelle vicende nella loro complessità e per esplorare gli interstizi più ambigui del passato nazionale.

 

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