La propaganda fascista attraverso le immagini e i filmati dell’Archivio storico Luce, un’esperienza didattica di Elisabetta Balducelli

Da alcuni anni lavoro all’Archivio storico dell’Istituto Luce, per questo motivo, una cara amica che insegna lettere all’Istituto Comprensivo Palombara Sabina, in provincia di Roma, lo scorso febbraio mi ha proposto di fare una lezione sulla propaganda fascista nella sua 3a media.
Progettando insieme i contenuti, abbiamo discusso su come impostare la spiegazione per calibrarla sulle conoscenze dei ragazzi, che a quel punto dell’anno avevano già studiato, almeno nelle sue grandi linee, il periodo fascista. Bisognava poi approntare del materiale per una esercitazione, che abbiamo previsto di proporre a conclusione della lezione.
Mentre pensavo a come costruire la narrazione (non ho mai insegnato!), ho avuto subito chiaro che avrei, tenacemente, perseguito due obiettivi:

  • far comprendere alle ragazze e ai ragazzi, attraverso le immagini e cinegiornali dell’Archivio Luce, come funzionava la macchina della propaganda durante il Ventennio; quali mezzi metteva in campo e di quali canali si avvaleva il regime per fascistizzare le masse;
  • far trapelare qualcosa del mio lavoro di archivista di audiovisivi, mostrare agli alunni come analizzare una fotografia o un filmato, le loro relazioni, le fonti cui attingere per meglio comprendere gli avvenimenti rappresentati e per identificare i personaggi raffigurati.Perciò, durante tutta la spiegazione (avevo a disposizione tre ore, che con mia grande sorpresa sono diventate quattro, perché gli studenti, visto che mancava una docente, mi hanno proposto di coprire l’ora di buco) ho seguito un doppio binario, e cioè: trasmettere dei contenuti attraverso documenti fotografici e audiovisivi, ma anche, e forse soprattutto, trasmettere, sempre attraverso gli stessi documenti, un metodo di analisi e di lavoro.

Ma veniamo al punto. Come già anticipato, per parlare di “Propaganda e costruzione del consenso durante il fascismo” ai ragazzi della 3a E dell’Istituto comprensivo di Palombara Sabina, ho organizzato la spiegazione intorno al materiale fotografico e filmico dell’Archivio storico dell’Istituto Luce, dove attualmente mi dedico alla catalogazione informatica delle fotografie del fondo “Reparto Attualità” (1927-1955). In effetti, ho concepito le immagini e i filmati Luce come asse portante della spiegazione e non come mero commento iconografico al racconto.
Dopo una doverosa introduzione sui metodi persecutori con cui il fascismo prese il potere (1. Il fascismo prende il potere) – documentata con le immagini (le uniche non Luce, ovviamente) del ritrovamento del corpo di Matteotti e della cella del carcere di Turi in cui fu rinchiuso Antonio Gramsci -, ho toccato brevemente il tema della fascistizzazione dello Stato (2. Il fascismo diventa regime: dittatoriale e totalitario).
In particolare, una fotografia del 1928 relativa alla inaugurazione della Caserma “Mussolini” della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nel quartiere Della Vittoria a Roma (fig. 1), mi ha dato l’occasione di parlare di questa istituzione tipicamente fascista, la Milizia appunto, creata per dare veste legale alla organizzazione paramilitare delle squadre d’azione e che, fin da subito (il decreto istitutivo è del 14 gennaio 1923), si affiancò, in parte sovrapponendosi, ai corpi armati per la pubblica sicurezza e al regio esercito. Nell’immagine si vede Mussolini che passa in rivista i militi schierati nella piazza d’armi della caserma. Dietro di lui si riconoscono il generale Gustavo Fara e l’allora capo di stato maggiore della milizia, Enrico Bazan. Grazie alla fotografia, ho potuto poi soffermarmi su alcuni particolari e, ad esempio, mostrare ai ragazzi l’uniforme indossata dai militi (e anche da Mussolini, che veste l’uniforme da console generale della milizia), piuttosto simile a quella del regio esercito (si rifaceva, infatti a quella degli arditi di guerra), ma ben riconoscibile dal cinturone e dal copricapo a forma di fez.

Fig. 1 – Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, servizio n. 254 dell’1 febbraio 1928, “Mussolini inaugura la nuova Caserma della Mvsn nel quartiere della Vittoria a Roma, negativo n. A00014331

Poi, entrando nel vivo dell’argomento assegnatomi, ho affrontato i temi della propaganda e della costruzione del consenso (3. Il fascismo cerca il consenso degli italiani). Sempre attraverso le immagini del Luce, ho parlato dei discorsi di Mussolini alla nazione, quei discorsi che vedevano folle oceaniche raccogliersi sotto al balcone di Palazzo Venezia e che, per raggiungere il maggior numero di persone, venivano trasmessi per radio e diffusi con gli altoparlanti in tutte le piazze d’Italia (3.1. I discorsi del duce alla nazione).
Certamente i discorsi di Mussolini avevano un forte ascendente sulle masse. Il duce sapeva comunicare, con la nota enfasi, le imprese del regime in vari campi e non lesinava le sue apparizioni pubbliche. Arringava le folle, inaugurava opere, visitava cantieri, presenziava ai saggi ginnici dell’Opera nazionale balilla, partecipava alla trebbiatura del grano nelle terre bonificate, e così via.
Ma si poteva fare di più, sfruttando a fini propagandistici mezzi più efficaci, primo fra tutti il cinema (3.2. Il cinema come mezzo di propaganda: il cinema ambulante Luce). Il fascismo era da poco al potere quando, su iniziativa di Luciano De Feo, fu fondato il Sindacato Istruzione Cinematografica (SIC), una società anonima che aveva tra i suoi principali obiettivi l’introduzione del cinema nelle scuole come sussidio didattico. Mussolini ne intuì subito le enormi potenzialità e intervenne affinché la piccola società, grazie al sostegno economico di vari enti (in primis il Commissariato generale per l’emigrazione), aumentasse il proprio capitale sociale trasformandosi in un organismo più solido. Nel settembre del 1924 nacque così una nuova società, denominata, per volere dello stesso Mussolini, L’Unione Cinematografica Educativa (in acronimo LUCE). Poco più di un anno dopo, con regio decreto legge del 5 novembre 1925, n. 1985, la società anonima fu trasformata in ente parastatale alle dipendenze del governo [nota 1].
Nelle sale cinematografiche venivano proiettati i cinegiornali di propaganda, ma per raggiungere tutti gli italiani, anche quelli che vivevano nei piccoli centri o nelle campagne, bisognava trovare altri sistemi. Fu così che l’Istituto Luce lanciò, nel marzo del 1927, il Servizio del cinema ambulante, “uno dei mezzi più formidabili di conquista dell’animo e dell’intelletto del popolo” come lo definiva l’autore dell’articolo apparso sul quotidiano “La Stampa” del 24 marzo 1927.
Furono così approntati i cinemobili, furgoncini dotati di un proiettore e di uno schermo portatile, che, dalle sedi di concentramento sparse in tutta Italia, raggiungevano i comuni privi di sale cinematografiche, anche nei posti più sperduti. Le proiezioni venivano fatte all’aperto ed erano gratuite. Nell’immagine che segue (fig. 2), che fissa un momento della proiezione del cinema ambulante Luce in un piccolo paese della provincia di Udine nel 1929, lo stupore e, potremmo dire, l’incanto dei paesani di fronte al grande schermo sono palpabili.

Fig. 2 – Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, servizio n. 874 del 26 agosto 1929 “Proiezioni cinema ambulante Luce nella provincia di Udine: Lucinicco – Istituto Orfani di Guerra di Rubignacco – Artegna – Basiliano – Paluzza”, negativo n. A00014331

Nella figura n. 3, tratta dal medesimo servizio fotografico, è ben visibile, in mezzo alla folla degli spettatori, il furgoncino del Luce con al suo interno il proiettore (identificabile dal fascio luminoso), manovrato da un proiezionista. Lo scatto si riferisce alla proiezione all’Istituto per gli orfani di guerra di Rubignacco (frazione di Cividale del Friuli). Anche se l’immagine non è molto nitida, a ben guardare, si nota che sulla sinistra ci sono i bambini e sulla destra le bambine dell’orfanotrofio. L’istituto di Rubignacco aveva infatti una sezione maschile e una sezione femminile [nota 2].

Fig. 3 – Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, servizio n. 874 del 26 agosto 1929 “Proiezioni cinema ambulante Luce nella provincia di Udine: Lucinicco – Istituto Orfani di Guerra di Rubignacco – Artegna – Basiliano – Paluzza”, negativo n. A00014328

Parlando di cinema ambulante, non potevo non mostrare ai ragazzi un filmato Luce in cui viene presentato un nuovo tipo di furgone da proiezione destinato alla propaganda agraria nei centri rurali della penisola. Si tratta di un servizio del Giornale Luce B0681 del 22 maggio 1935, dove i protagonisti non sono la proiezione e la funzione educativo-propagandistica ad essa connessa, bensì il mezzo e la sua tecnologia, molto più avanzata rispetto a quella dei primi cinemobili.

Dopo questa breve incursione nei motori e nella tecnologia, bisognava però riprendere il filo del racconto su propaganda e costruzione del consenso nel periodo fascista. Volendo coinvolgere il più possibile i ragazzi, ho pensato di soffermarmi sulle organizzazioni giovanili del regime e sulle loro attività (4. Il controllo delle giovani generazioni e del tempo libero. Anche la scuola diventa fascista), con l’idea di mostrare agli alunni come si svolgeva durante il Ventennio la vita dei loro coetanei. “Nazionalizzare” le masse, infatti, significava anche e soprattutto assicurarsi le giovani generazioni e appropriarsi del loro tempo libero. Fu così che con legge 3 aprile 1926, n. 2247 venne istituita l’Opera Nazionale Balilla con compiti di “assistenza” e di “educazione fisica e morale della gioventù”. Al suo interno, gli iscritti erano raggruppati per fasce di età e per sesso. I maschi erano divisi tra Balilla (dagli 8 ai 14 anni) e Avanguardisti (dai 14 ai 18 anni), mentre le femmine erano divise tra Piccole Italiane (dagli 8 ai 14 anni) e Giovani Italiane (dai 14 ai 18 anni).Nella figura 4 un gruppo di balilla è ritratto nel cortile di un palazzo romano (probabilmente nel Rione Sant’Eustachio), in occasione della visita del segretario federale Vecchini, nell’ottobre del 1929. I balilla si riconoscono dalla divisa, uguale per tutti, e formata da camicia nera, fazzoletto azzurro e berretto tipo fez.  Alcuni sono arrampicati su pertiche e danno mostra di agilità e abilità sportiva.

Fig. 4, Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, Servizio n. 1022 del 21 ottobre 1929 “Gruppo fascista Regola – Visita del Segretario Federale”

Uno degli aspetti su cui più si concentrò l’attività dell’Opera nazionale balilla fu proprio quello dell’educazione e della pratica sportiva. L’educazione fisica non si svolgeva più a scuola, ma all’interno delle organizzazioni giovanili e, insieme a quella premilitare (destinata, ovviamente, ai soli maschi), occupava gran parte del tempo libero delle bambine, dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi. Si pensi ad esempio ai saggi ginnici che si svolgevano periodicamente negli stadi, con grande dispiegamento di forze.
Nel 1928 si svolse allo Stadio del Partito nazionale fascista (sulle cui ceneri sorse negli anni Cinquanta lo Stadio Flaminio) il primo Concorso ginnico atletico delle Giovani Italiane. La manifestazione, organizzata dall’Opera nazionale balilla, radunò a Roma le Giovani Italiane di ogni provincia e si concluse con un saggio finale, cui assistettero Mussolini e numerose altre personalità.

Fig. 5, Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, servizio n. 438 del 2 maggio 1928, “Il saggio finale del Primo concorso ginnico atletico nazionale femminile Giovani Italiane allo Stadio del Partito”, negativo n. A00003353

In questo scatto (fig. 5), la vista d’insieme e dall’alto dello stadio consente di vedere che le ragazze, rigorosamente in uniforme da Giovani Italiane, sono schierate nell’arena a formare le lettere “W IL”. Anche se possiamo intuire il resto della scritta, altre fotografie dello stesso servizio ci tolgono ogni dubbio. Come si vede nella figura 6, le lettere che seguono sono la “D” e la “U” di “DUCE”, mentre la “C” e la “E” si ritrovano in una terza foto dello stesso servizio (che complessivamente conta 36 scatti).

Fig. 6, Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, servizio n. 438 del 2 maggio 1928, “Il saggio finale del Primo concorso ginnico atletico nazionale femminile Giovani Italiane allo Stadio del Partito”, negativo n. A00003354

Ho scelto queste due immagini (figg. 5 e 6) perché, completandosi l’una con l’altra come due tessere di un puzzle, mi davano l’opportunità di far capire ai ragazzi l’organizzazione delle fotografie prodotte dal Servizio fotografico dell’Istituto Luce. Le fotografie del Reparto Attualità, ma anche quelle degli altri fondi fotografici Luce (corrispondenti ad altrettanti reparti: es.: Reparto Africa Orientale, Reparto guerra, ecc.) non si presentano come unità isolate, ma nascono aggregate in veri e propri servizi fotografici (paragonabili, archivisticamente parlando, ai fascicoli di documenti cartacei) e la loro “lettura” non può prescindere da tale appartenenza. Ciascuna fotografia di un servizio fotografico, proprio come ciascuna unità documentaria all’interno di un fascicolo, trae luce dall’essere messa in relazione con le altre fotografie del servizio stesso. Catalogare un servizio fotografico, riprendendo la metafora usata poc’anzi, è come comporre un puzzle. Si guardano le prime foto e già ci si fa un’idea, ma solo scorrendo tutte le foto del servizio, solo “leggendole” come parti di un insieme, si trova finalmente la chiave: la piazza, il campanile, o il palazzo che permette di indovinare la città, il profilo (o l’attaccatura dei capelli!) che identifica inequivocabilmente un gerarca, quel particolare di una divisa che rivela a quale organizzazione del regime appartengono i giovani raffigurati.
Nel mostrare ai ragazzi le fotografie – le vedevano proiettate su uno schermo – ho cercato quindi, anche in previsione dell’esercitazione, di introdurli a questo metodo di analisi, invitandoli a osservare le immagini con attenzione, a captare dettagli significativi per identificare luoghi o personaggi, a cercare, insomma, indizi rivelatori. A parte i volti noti, chi possiamo riconoscere? Visto che si tratta della inaugurazione di un’opera pubblica, chi possiamo aspettarci di trovare accanto a Mussolini? Sappiamo di essere a Roma, ma dove esattamente? Che indizi abbiamo a disposizione per identificare con maggiore precisione il luogo? A quali fonti esterne possiamo ricorrere per ricostruire l’avvenimento rappresentato [nota 3]?, e così via.
L’ultimo argomento toccato è stato quello della propaganda “applicata” alla politica rurale del fascismo (5. La politica agraria e la propaganda agricola). L’Archivio Luce pullula di fotografie e filmati che diffondono immagini ruraliste e lo stesso Mussolini era solito farsi immortalare al lavoro tra i contadini dell’Agro Pontino nel periodo della trebbiatura.

Fig. 7, Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, servizio n. 514 del 9 luglio 1934,  “Duce all’Agro Pontino”, negativo n. A00055539

Nella politica agricola del fascismo rientrava anche la valorizzazione delle tradizioni contadine locali. Durante il Ventennio forte impulso ebbero le feste e le sagre di paese. Ne vennero create di nuove, come la Sagra dell’Uva di Marino, istituita nel 1925, la Festa nazionale dell’uva, istituita nel 1930, ecc., mentre quelle già invalse nelle tradizioni locali dei piccoli centri acquistavano risonanza, come dimostrano i numerosi documenti fotografici e audiovisivi dell’Archivio Luce ad esse dedicati.

Fig. 8, Archivio Storico Luce, Fondo fotografico, Reparto Attualità, servizio 747 del 28 settembre 1930, “Festa dell’uva a Roma”, negativo n. A00024694

Restando sul tema delle feste paesane, ho pensato di fare una gradita sorpresa ai ragazzi mostrando loro due filmati dell’Archivio Luce, rispettivamente del 1935 e del 1937, riguardanti la Sagra delle ciliegie a Palombara Sabina.

E in effetti le immagini hanno suscitato una grande emozione tra gli studenti: erano colpiti a vedere come si presentava tanti anni fa il loro paese, com’erano vestiti i paesani (tra i quali, forse, anzi quasi sicuramente, poteva esserci qualche parente!) e come si svolgeva all’epoca la sagra. La cosa più bella, però, è stata che a quel punto loro hanno voluto mostrarmi su youtube il video della 90a Sagra delle Cerase del giugno 2018. Così il cerchio si è chiuso sulle immagini di un carro a forma di Transformers che troneggiava tra le viuzze di Palombara Sabina.

[nota 1] Sulle origini e la storia dell’Istituto Luce cfr. F. Lussana, “Cinema educatore. L’Istituto Luce dal fascismo alla liberazione (1924-1945)”, Roma, Carocci, 2018, pp. 32 ss., cui si rimanda anche per la relativa bibliografia.

[nota 2] Lasciando un momento da parte i cinemobili e seguendo il filo della storia dell’Istituto di Rubignacco, si scopre che l’orfanotrofio (e qui si torna al tema della “fascistizzazione”) inaugurato nel novembre 1920 come Istituto Friulano pro Orfani di Guerra ed eretto in ente morale con regio decreto n. 386 del 3 marzo 1921, nel 1925 venne ceduto dal Patronato friulano per gli Orfani di Guerra all’Opera di Previdenza per la Milizia Volontaria per la sicurezza nazionale, trasformandosi nel Collegio nazionale per gli orfani delle Camice Nere. http://www.icsanpietroalnatisone.it/icsanpietro/wp-content/uploads/2018/11/25-ottobre-2018.-Le-violenze-impartite-alle-donne-e-gli-Orfani-durante-la-Grande-Guerra.pdf

[nota 3] I servizi fotografici del Reparto Attualità dell’Archivio Luce documentano, per l’appunto, un avvenimento di attualità (Mussolini che posa la prima pietra di un edificio, una manifestazione ginnico atletica dell’Opera nazionale balilla, un campeggio di Avanguardisti, lo stato dei lavori di un’opera pubblica in costruzione, ecc.), di cui nella maggior parte dei casi si trova riscontro nella stampa quotidiana e periodica del tempo. Di grandissima utilità per il nostro lavoro è l’archivio storico del quotidiano “La Stampa”, consultabile gratuitamente in rete (https://www.lastampa.it/archivio-storico/index.jpp). Quasi sempre, infatti, con un po’ di fortuna, si trova l’articolo (o il trafiletto) che ricostruisce l’avvenimento oggetto del servizio fotografico Luce, il che ci permette di ricostruire nei dettagli la manifestazione, la celebrazione, l’inaugurazione rappresentati, i luoghi, le personalità presenti e le istituzioni coinvolte.

 

Una opinione su "La propaganda fascista attraverso le immagini e i filmati dell’Archivio storico Luce, un’esperienza didattica di Elisabetta Balducelli"

  1. L’ha ripubblicato su visioni dalla storiae ha commentato:
    Ecco una importante esperienza di didattica della storia con l’uso (necessario) delle fonti audiovisive (cinegiornali e servizi fotografici). In una scuola d’istruzione secondaria di I grado in Sabina nel Lazio, a cura di Elisabetta Balducelli

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