Il cinema come mezzo di propaganda: l’Istituto Nazionale Luce e il cinema ambulante di Elisabetta Balducelli

Parte terza di Propaganda e costruzione del consenso durante il fascismo.

Nei precedenti contributi ci siamo soffermati su alcuni tra i principali canali di fascistizzazione delle masse durante il Ventennio. Abbiamo trattato dei discorsi di Mussolini alla nazione e delle grandi celebrazioni indette nelle ricorrenze delle date “chiave” della “epopea fascista”: la fondazione dei Fasci di combattimento (23 marzo 1919), la “marcia su Roma” (28 ottobre 1922), la proclamazione dell’Impero coloniale (9 maggio 1936). Poi ci siamo occupati dell’inquadramento dei bambini e dei ragazzi, maschi e femmine,  nelle organizzazioni giovanili del regime (Opera Nazionale Balilla, Fasci Giovanili di Combattimento, GUF), forse uno dei mezzi più efficaci, sul lungo periodo, di diffusione della cultura fascista. La dittatura agì dunque su più fronti per controllare le masse e conquistarne il consenso. Sì è già visto come i discorsi del duce venissero diffusi attraverso la radio nelle piazze di tutta Italia e come gli altoparlanti installati un po’ ovunque in occasione delle grandi manifestazioni del regime facessero rimbalzare da un capo all’altro del Paese le frasi stentoree, enfatiche e altisonanti tipiche dell’eloquio mussoliniano. Ma altri e più potenti mezzi di comunicazione si offrivano a Mussolini per propagandare le imprese del regime e per convincere gli italiani della bontà e della grandezza del fascismo.

DAL SINDACATO ISTRUZIONE CINEMATOGRAFICA ALL’ISTITUTO NAZIONALE LUCE [nota 1]

Fig. 1. Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio fotografico Mussolini vista autoparco della “Luce” (1927)

Nel 1924 era nato, per iniziativa del liberale Luciano De Feo (primo da destra nella fig. 1), il Sindacato Istruzione Cinematografica (S.I.C.), una società anonima che aveva tra i suoi principali obiettivi l’introduzione del cinema nelle scuole come ausilio didattico. Mussolini seppe intuirne le enormi potenzialità e, per usare una metafora efficace, ci mise subito sopra le mani. Così, nel giro di pochi mesi, il S.I.C. si trasformò in un organismo più solido e nel settembre del 1924 nacque una nuova società, denominata, per volere dello stesso Mussolini, L’Unione Cinematografica Educativa (in acronimo L.U.C.E.). Poco più di un anno dopo, con regio decreto legge del 5 novembre 1925, n. 1985, la società anonima fu elevata a ente pubblico parastatale, con la denominazione Istituto Nazionale L.U.C.E. [nota 2]. Così, se il S.I.C. era nato con finalità principalmente didattiche ed educative, Mussolini, trasformandolo nell’Istituto Nazionale L.U.C.E. (l’acronimo stesso era già di suo fortemente evocativo), lo piegò a fini soprattutto propagandistici, sfruttando la potenza incantatrice delle immagini in movimento per esaltare l’epopea del regime. E forse non è un caso che, nel titolo del decreto istitutivo dell’ente del novembre del 1925 (“Creazione dell’Istituto nazionale per la propaganda e la cultura a mezzo della cinematografia, denominato L’Unione Cinematografica Educativa – L.U.C.E.”), la parola “propaganda” preceda la parola “cultura”.

Fig. 2. Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio Logotipo dell’Istituto Nazionale Luce (1928)

Nel giro di un paio di anni, attraverso alcuni interventi legislativi, si sancì definitivamente la completa delega all’ente delle funzioni di propaganda attraverso il cinema e il pieno asservimento della L.U.C.E. a Mussolini: nel luglio del 1926 venne sciolto il vecchio Consiglio di amministrazione e fu nominato un commissario straordinario, Filippo Cremonesi. Nel nuovo statuto – approvato con legge 24 dicembre 1926, n. 2210 -, si “affermava decisamente la volontà del governo nazionale di concentrare presso l’Istituto Luce ogni forma di attività  propagandistica e culturale cinematografica” (cfr. M. Argentieri, “L’occhio del regime”, Roma, Bulzoni, 2003, p. 31). Infine, con regio decreto 22 dicembre 1927, n. 2453, l’Istituto Luce venne posto alle dirette dipendenze del capo del Governo. Queste, in breve, le tappe attraverso cui una piccola società di produzione di filmati educativi si trasformò nella più potente “fabbrica del consenso” del periodo fascista [nota 3].
“Grazie al Luce e al suo ruolo istituzionale – ha scritto Gian Piero Brunetta – il fascismo fu il primo governo al mondo a esercitare un controllo diretto sulla cronaca cinegiornalistica e Mussolini il primo capo di Stato capace di costruirsi, grazie ai cinegiornali, un gigantesco arco di trionfo per le proprie imprese. (Cfr. G.P. Brunetta, Istituto nazionale L.U.C.E., Enciclopedia del Cinema, Treccani, 2003, http://www.treccani.it/enciclopedia/istituto-nazionale-l-u-c-e_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/).

Fi.g. 3 Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio n. 238  del (gennaio?) 1928,“Mussolini riceve a Palazzo Chigi i dirigenti dell’Istituto Nazionale Luce”

Come mostrano le immagini che seguono, le cineprese dell’Istituto nazionale Luce erano sempre presenti per documentare le imprese e i fasti del regime. Nella fig. 4 vediamo lo Stadio del Pnf (al posto del quale sorge oggi lo Stadio Flaminio) durante una manifestazione delle organizzazioni giovanili fasciste. Le Giovani e le Piccole Italiane (le prime riconoscibili dalla cravatta) sfilano lungo l’anello dello stadio, mentre ai margini del campo gli operatori Luce, sul tetto del furgone, si accingono a filmare l’evento. Durante le celebrazioni del quarto anniversario della fondazione di Littoria, Mussolini inaugurò nuove opere pubbliche. E mentre tagliava il nastro inaugurale dell’Istituto tecnico “Vittorio Veneto” (fig. 5) un operatore Luce era alla macchina da presa, sempre inerpicato sul tetto del camioncino per le riprese, pronto a documentare l’avvenimento. Infine, nella fig. 6, vediamo un microfono e una cinepresa Luce piazzati davanti alla pedana da cui Mussolini, affiancato dalle alte gerarchie militari (oltre a Badoglio, che indossa l’elmo coloniale, si riconoscono Siciliani, Pariani e Valle), è intento a tenere un discorso durante la cerimonia di consegna delle ricompense al valore ai congiunti dei caduti in Africa Orientale alla caserma Macao.

I DOCUMENTARI E I CINEGIORNALI LUCE

La produzione di filmati con intento esplicitamente propagandistico iniziò sin dagli esordi del Luce, in parallelo alla realizzazione di film didattici. E’ del 1925 il film Vita Nova , un cortometraggio di circa 35 minuti che ripercorreva le opere compiute dal governo fascista nei suoi primi tre anni di vita, una “grande visione documentatrice del lavoro e dell’attività nazionale”, come recitano i titoli di testa. Mussolini ne seguì passo passo la lavorazione, vagliando personalmente le descrizioni di ogni scena girata (cfr. F. Lussana, “Cinema educatore”. L’Istituto Luce dal fascismo alla Liberazione (1924-1945), Roma, Carocci, 2018, p. 39). Il film, che ebbe una prima visione pubblica in piazza Colonna, circolava anche nelle scuole. Così si esprimeva il preside del Liceo Classico di Cesena in una comunicazione del marzo del 1926: «Mercoledì 17 corrente, nel pomeriggio, nella sala del Kursaal si daranno, per iniziativa della Delegazione Provinciale del movimento giovanile fascista, le rappresentazioni cinematografiche del film Vita Nova. Tale film è la documentazione cinematografica delle grandi realizzazioni del Governo Nazionale: è quindi necessario che i giovani studenti ne abbiano precisa conoscenza per alti scopi educativi e perché ispirino così l’animo proprio a sensi di gratitudine e di devozione verso i fattori delle nuove fortune della Patria. Pertanto faccio viva raccomandazione perché tutti accorrano a questa rappresentazione». (Cfr. A. Gagliardo, “La scuola in camicia nera. La fascistizzazione della scuola italiana nella storia del Liceo Classico di Cesena”, Cesena, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, 2005).

Sempre del 1925 è il documentario Battaglia del Grano. Nonostante l’enfasi retorica delle didascalie (“Il Duce della Nuova Italia ha bandito la santa battaglia. Rendere nuovamente l’Italia l’ALMA PARENS FRUGUM. Toglierla dalla servitù straniera!), era, come ha scritto Argentieri, “un film didascalico sui metodi di aratura, concimazione e seminazione dei terreni. Mussolini vi faceva capolino incidentalmente e la dissertazione non finiva con uno sventolio di bandiere e con uno stuolo di trattori all’assalto dei campi, bensì davanti a una cordiale tavolata di mietitori” (Cfr. M. Argentieri, “L’occhio del regime”, cit., p. 41).

La vocazione propagandistica si espresse con più vigore sullo scorcio degli anni Venti. Nel giugno del 1927 uscì il primo di una lunghissima serie di Giornali Luce [nota 4], prodotti con periodicità prima settimanale e poi con maggiore frequenza (nel 1929 uscivano in media cinque numeri a settimana) fino al 1945. Ogni cinegiornale constava di una serie di servizi (di numero variabile), riguardanti le attualità politiche nazionali e internazionali. Tuttavia, come ha osservato Fiamma Lussana, i Giornali Luce non possono essere considerati i progenitori della moderna informazione telegiornalistica, proprio perché “carattere specifico dei cinegiornali” era “il tono propagandistico centrato su eventi monotematici e non la cronaca o informazione giornalistica in senso proprio” (F. Lussana, “Cinema educatore”, cit., pp. 52-53).

Sempre a partire dal 1927 vennero prodotti, con cadenza annuale, una serie di cortometraggi celebrativi delle imprese compiute annualmente dal regime: i film si intitolavano, con poco sforzo di fantasia, Anno V, Anno VI, Anno VII, Anno VIII, Anno IX [nota 5]. Di tutti i filmati è rimasta traccia nei cataloghi a stampa dell’Archivio, ma la sola pellicola conservata e disponibile alla visione è quella di Anno IX.

Una volta compresa l’importanza che i filmati Luce rivestivano nella costruzione del consenso, si trattava di diffonderli il più possibile e renderli fruibili dal maggior numero di persone. Con il regio decreto legge 3 aprile 1926 n. 1000, “Provvedimenti per la propaganda a mezzo della cinematografia”, si obbligavano tutti gli esercenti delle sale cinematografiche a inserire nei loro spettacoli la visione di pellicole di produzione Luce (cfr. F. Lussana, “Cinema educatore”, cit., p. 50). Così, sia i cortometraggi, sia, a partire dal 1927, i cinegiornali Luce venivano proiettati nelle sale cinematografiche per obbligo di legge. Le figure 7 e 8 si riferiscono rispettivamente alla proiezione del film Anno VII al teatro Augusteo e alla proiezione del film Anno VIII nella bella sala liberty del Supercinema di Roma (attuale Teatro Nazionale, all’angolo tra via del Viminale e via Depretis), entrambe in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della “marcia su Roma”.

 Ma come si può immaginare all’epoca le sale cinematografiche non erano molte. Non tutti i cittadini potevano permettersi di andare al cinema. Come recita un famoso detto popolare, “Se Maometto non va alla montagna… la montagna va a Maometto”. Quindi, se le persone non potevano andare al cinema, allora era il cinema che doveva “andare” da loro. Così, nel marzo del 1927, L’Istituto Nazionale Luce lanciò il Servizio del “cinema ambulante”, con l’idea – come si legge in un trafiletto apparso in quei giorni sul quotidiano “La Stampa” [nota 6] – di farne “uno dei mezzi più formidabili di conquista dell’animo e dell’intelletto del popolo”. I “cinemambulanti” o “cinemobili” o “autocinema” erano furgoncini dotati di una macchina da proiezione e di uno schermo; avevano autonomia totale, in quanto forniti di accumulatori elettrici e potevano facilmente raggiungere tutti i comuni privi di sale cinematografiche, che all’epoca erano la maggioranza. Le proiezioni raccoglievano nelle piazze grandi folle e avvenivano sempre in notturna: il “buio in sala” era infatti il buio naturale, cioè la notte. Nelle immagini qui riprodotte, tratte da un servizio fotografico del 1928, si vede bene come si svolgevano le proiezioni. Siamo a piazza Vittorio Emanuele a Roma, c’è una gran moltitudine di cittadini, ci sono anche dei bambini in prima fila, ed è notte. La folla è illuminata dalla luce dello schermo, che riflette quella del proiettore, montato sul cinemobile dell’Istituto Luce.

Figg. 9-10. Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio fotografico n. 806 del 13 novembre 1928, “Proiezioni cinema ambulanti Luce in piazza Vittorio e in piazza Colonna a Roma”

 Come si è visto sopra (fig. 7), nell’ottobre del 1929, in occasione delle celebrazioni della “marcia su Roma”, si proiettava al teatro Augusteo il film Anno VII, centone delle opere compiute dal regime dal 28 ottobre 1928 al 27 ottobre 1929. Lo stesso film veniva portato dal cinema ambulante Luce nelle piazze della capitale, anche nelle zone più popolari. Nella fig. 11 vediamo largo degli Osci, nel quartiere San Lorenzo di Roma, gremito di cittadini proprio per la proiezione del film di propaganda.

Fig. 11. Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio fotografico n. 1052 del 26 ottobre 1929, “VII° annuale Marcia su Roma – proiezione film anno VII° in piazza Colonna e piazza degli Osci”

Il cinema itinerante, come ha scritto Argentieri, serviva dunque ad “ampliare la portata dell’azione propagandistica”. A sostenerne i costi, piuttosto elevati, concorsero alcuni degli enti fondatori dell’Istituto Luce, in particolare l’Opera Nazionale Combattenti, che si assunse gli oneri di nove cinema ambulanti e che in tre anni organizzò 2.500 proiezioni all’aperto (Cfr. M. Argentieri, “L’occhio del regime”, cit., p. 49) [nota 7].
Come si è detto, i cinemobili erano mezzi agili e potevano arrivare un po’ ovunque. Nella fig. 12 si vede un autocinema Luce al campeggio di Misurina della Sezione Universitaria del Club Alpino Italiano (SUCAI). Ma fermiamoci un momento a esaminare la fotografia. Siamo nell’estate del 1928, il regime fascista si sta consolidando e lavora alacremente per “risucchiare” nelle maglie delle sue organizzazioni le istituzioni preesistenti. La Sezione Universitaria del CAI, tuttavia, non è stata ancora assorbita, come avverrà di lì a un paio d’anni, dai Gruppi Universitari Fascisti. Nell’immagine sono ritratti due adulti in tenuta da escursionisti presso una tenda al cui ingresso si trova una donna in abiti contadini con in braccio un cane. Sulla sinistra, il cinemobile Luce e, più o meno al centro, lo schermo per le proiezioni, allestito in una radura incorniciata dai boschi e dai profili delle dolomiti bellunesi. Un ragazzo in divisa si riposa seduto sul predellino del furgone (è il FIAT 503). Un’immagine quasi “bucolica”, senza schieramenti, insegne e labari. Unica “spia” della longa manus del regime il camioncino dell’Istituto Luce, con il tricolore, il fascio littorio (elevato ad emblema di Stato con Regio Decreto n. 2061 del 12 dicembre 1926) e lo stemma sabaudo.

Fig. 12. Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio fotografico n. 593 del 28 agosto 1928, “Cinema Ambulanti Luce al Campeggio di Misurina”

Il cinema ambulante, dunque, poteva raggiungere anche i posti più sperduti, le campagne, i piccoli paesi e i villaggi più arretrati, spesso ancora privi della luce elettrica. Nella fig. 13, tratta da un servizio fotografico del 1929 dedicato alle proiezioni all’aperto del Luce in alcuni comuni del Friuli Venezia Giulia, i volti contadini degli abitanti del paese sono tutti rivolti verso lo schermo luminoso, come stregati da una irresistibile fascinazione (qui, crediamo, più per la magia del cinema, che vedevano forse per la prima volta, che per il potere trascinante delle immagini di propaganda).

Fig. 13. Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio fotografico n. 874 del 1929, “Proiezioni cinema ambulante Luce a Lucinico (GO), all’orfanotrofio di Rubignacco (Cividale del Friuli) e in alcuni paesini della provincia di Udine (Artegna, Basiliano, Paluzza)”

Ma come era fatto esattamente un cinemobile? All’inizio erano semplici furgoni, con un vano interno abbastanza capiente per trasportare la macchina per le proiezioni, lo schermo e le canne su cui questo veniva montato. Fino a tutta la prima metà degli anni Trenta, uno dei autoveicoli più usati per il cinema itinerante fu il furgone FIAT 503, come quello che immortalato nella foto del campeggio di Misurina (fig. 12) e quello che vediamo posteggiato davanti a un ufficio per le spedizioni in Albania, con le effigi del fascio littorio e dello stemma sabaudo (fig. 15).

Alcuni furgoni allestiti per il cinema ambulante furono trasportati via mare anche nelle isole [nota 8]. La fig. 16 fissa un momento delle operazioni di imbarco, al porto di Civitavecchia, di un cinemobile Luce (sempre un FIAT 503) diretto in Sardegna.

Fig. 16. Archivio Luce, Reparto Attualità, servizio fotografico n. 170 del 1932, “Civitavecchia: imbarco del furgoncino della Luce per la Sardegna”

 Successivamente il Servizio del cinema ambulante dell’Istituto Luce si doterà di automezzi più sofisticati. Nel Giornale Luce B0681 del 22 maggio 1935

viene presentato un nuovo tipo di autocinema destinato alla propaganda agraria nei centri rurali della penisola. Si tratta del furgone FIAT 618, modificato nella carrozzeria (realizzata dalla ditta Viberti su progetto di Mario Revelli di Beaumont) per incorporare la migliore strumentazione per le proiezioni esistente all’epoca: un apparato sonoro “Balilla” del 1935 e un proiettore “Victoria V°” della ditta milanese Cinemeccanica.
Il nuovo furgone da proiezione dell’Istituto Luce fu progettato ed entrò in servizio, come si è visto, nel 1935. A quella data molti progressi erano stati fatti in Italia sul fronte delle tecniche cinematografiche. Più in generale, gli anni Trenta furono un periodo di profondi e intensi cambiamenti per quel che riguarda il cinema e la politica cinematografica del regime. Agli inizi del decennio nacque il cinema sonoro (i primi film sonori italiani, entrambi del 1930, furono La canzone dell’amore di Gennaro Righelli e Resurrectio di Alessandro Blasetti, entrambi girati negli stabilimenti Cines di via Veio e prodotti dalla Cines di Stefano Pittaluga) [nota 9]. Contrariamente a quanto era avvenuto negli anni Venti, si dette forte impulso alla cinematografia nazionale e furono presi importanti provvedimenti legislativi in tal senso (in particolare la legge 18 giugno 1931, n. 918 “Disposizioni a favore della produzione cinematografica nazionale”). Nel 1932 venne istituita, nell’ambito della XVIII Biennale di Venezia, la Mostra internazionale d’arte cinematografica, mentre risale al 1934 la creazione della Direzione generale per la cinematografia, alle dipendenze del Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda. Nel gennaio del 1936 fu posta la prima pietra di Cinecittà (fig. 17). A distanza di nemmeno due anni, nel novembre del 1937, si svolse la cerimonia solenne di posa della prima pietra della nuova sede dell’Istituto Luce al Quadraro, alla presenza di numerose personalità e con la benedizione del padre gesuita Pietro Tacchi Venturi (fig. 18).

Sempre nel 1937, il film Scipione l’Africano di Carmine Gallone [nota 10]- il primo girato nei nuovi stabilimenti di Cinecittà – vinceva a Venezia la “Coppa Mussolini” per il miglior film italiano. la pellicola storica, rievocando le gesta del vincitore di Zama, voleva stabilire un parallelo tra il condottiero romano e Mussolini, tra le imprese africane di Scipione e la recente conquista italiana dell’Etiopia. Così si esprimeva il direttore della cinematografia italiana, Luigi Freddi, in un articolo apparso il 6 aprile del 1937 sul quotidiano “Il Popolo d’Italia” : “Scipione l’Africano è stato ideato alla vigilia dell’impresa africana e iniziato subito dopo la vittoria. Questo film è stato realizzato perché è apparso evidente che nessun soggetto si dimostrava più adatto ad essere tradotto in spettacolo per evidenziare l’intima unione tra la passata grandezza di Roma e le audaci imprese della nostra epoca fascista”. (Cfr. Jean A. Gili, Scipione l’Africano, in Enciclopedia del Cinema, Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/scipione-l-africano_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/). Dal colonialismo evocato nella finzione cinematografica, passiamo a un piccolo spaccato di realtà coloniale in Etiopia, sempre restando in tema di cinema. Siamo a Dire Daua, nell’Etiopia orientale. L’Archivio fotografico dell’Istituto Luce conserva, nel Reparto Africa Orientale Italiana, alcune immagini della città dei primi mesi del 1938; non era passato che poco più di un anno dalla conquista dell’Etiopia e dalla proclamazione dell’Impero. Ma il regime fascista, giunto all’apice del consenso, non si erano smentito e anche qui si era affrettato a costruire i suoi edifici simbolo e aveva dato il via a una serie di opere pubbliche: nel febbraio del 1938 si inaugurava la Casa Littoria (cioè la Casa del Fascio) ed erano in corso i lavori per la costruzione del cementificio della S. A. Cementeria d’Etiopia. Insieme alle foto che documentano queste realizzazioni, si trovano, nello stesso servizio fotografico, numerosi scatti che immortalano il cinema dell’Opera Nazionale Dopolavoro di Dire Daua. Un edificio dall’estetica gradevole, volumi definiti e forme squadrate all’esterno, decori in stile art déco all’interno. Sull’intonaco bianco spicca l’insegna “OND”, mentre da un lato si leggono le scritta: “[Cin]ema Dopolavro” e “Biglietteria”. Così, anche nei territori dell’impero, si impugnava “l’arma più forte” per occupare il tempo libero dei coloni e portare avanti, attraverso le visioni cinematografiche, l’opera di propaganda dei valori, della cultura e dell’ideologia fascista.

[nota 1]  Nell’elaborazione del presente testo abbiamo fatto costante riferimento al volume di F. Lussana, “Cinema Educatore. L’Istituto Luce dal fascismo alla Liberazione (1924-1945)”, Roma, Carrocci,2018.

[nota 2] Le azioni dell’Istituto Luce furono sottoscritte da numerosi istituti ed enti parastatali (diversi enti assicurativi, l’Opera Nazionale Combattenti, l’Opera Nazionale Dopolavoro e la Società Dante Alighieri). Sulla “galassia degli enti pubblici” che caratterizzò l’amministrazione nel ventennio fascista e cui il Luce, per la sua fisionomia, apparteneva a pieno titolo, cfr. G. Melis, “La macchina imperfetta”, Bologna, Il Mulino, 2018, pp 399 e ss.

[nota 3] Sulle origini e la storia dell’Istituto Luce, cfr F. Lussana, “Cinema Educatore”, cit. pp. 32 ss.

[nota 4] Sui Giornali Luce, cfr. M. Argentieri, “L’occhio del regime”, Roma, Bulzoni, 2003, pp. 37-39. Sulla organizzazione archivistica e la consistenza dei Giornali Luce, cfr. M. Pizzo, G. D’Autilia, a cura di, “Fonti per la storia dell’Istituto Luce (1925 – 1945)”, Roma, Istituto Luce S.p.A, 2004, p. 55.

[nota 5] Cfr. M. Argentieri, “L’occhio del regime”, cit., p. 43.

[nota 6] Cfr. “Il cinema ambulante. Una iniziativa dell’Istituto Luce”, pubblicato sul quotidiano “La Stampa” del 24 marzo 1927, consultabile a questo link  http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,1159_01_1927_0071_0003_24378175/anews,true/

[nota 7] Ma i cinemobili non vennero utilizzati solo con finalità propagandistiche. Essi svolsero anche la funzione di “cattedre ambulanti” per l’educazione agricola – attraverso filmati tecnici con spiegazioni sui sistemi di coltivazione più moderni – e per l’educazione sanitaria, attraverso filmati sulle misure igieniche da adottare per contribuire a debellare alcune malattie, prima fra tutte la malaria. E’ bene ricordare che, già prima della istituzione del Servizio cinema ambulante Luce, il Governatorato di Roma aveva fatto uso dei cinemobili nelle campagne sanitarie per la lotta alla tubercolosi e alla malaria. Sul cinema itinerante dell’Istituto Luce, cfr. M. Argentieri, “L’occhio del regime”, cit., pp. 48-49 e F. Lussana, “Cinema educatore”, cit., pp. 47-48.

[nota 8] Argentieri ci dice che, partire dal 1931, cinque dei nove cinemobili gestiti dall’Opera Nazionale Combattenti “furono assegnati alle regioni dell’Italia meridionale e insulare, ove ebbero luogo 800 proiezioni.” (Cfr. M. Argentieri, L’occhio del regime, cit., p. 49.

[nota 9] Cfr. F. Lussana, “Cinema educatore”, cit., pp. 75-76

[nota 10] E’ importante ricordare qui che per finanziare la realizzazione del film, il cui budget era elevatissimo, venne creato un consorzio ad hoc, il “Consorzio Scipione l’Africano”, che agiva come un vera e propria società a partecipazione statale e il cui coordinamento venne affidato all’Istituto Luce. Su questo punto e, più in generale, sul film di Gallone cfr. F. Lussana, “Cinema educatore”, cit., p. 168 e ss.

 

 

 

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