TUTTO È REPERTORIO: NOTE ATTORNO AL DOCUMENTARIO “LA BATTAGLIA DALL’ASTICO AL PIAVE”

di Patrizia Cacciani

L’Archivio Storico Luce, archivio storico di interesse nazionale, archivio di impresa, è il Conservatore del patrimonio audiovisivo (filmico e fotografico) di Cinecittà Spa, azienda pubblica con una pluralità di attività editoriali nel settore culturale ed industriale dell’audiovisivo. Nel patrimonio dell’Archivio sono conservati fondi cinematografici e fotografici dell’Istituto Nazionale LUCE (1924-1962) e dell’Istituto Luce Spa (1962-2008), come ente produttore ed ente conservatore, che percorrono tutto il secolo breve sino all’inizio di questo secolo, tanto che il prossimo anno compiamo cento anni.

Sono in questo panel per raccontare l’esperienza dell’Archivio Storico Luce nelle pratiche archivistiche dei propri fondi documentari, utili per contribuire allo studio della storia aziendale, alla metodologia praticata per i contenuti archivistici, all’analisi del documento filmico e/o fotografico in sé. La nostra metodologia si attiva su due pratiche: il patrimonio filmico e fotografico è trattato al pari del patrimonio documentario tradizionale, l’altra è la ricognizione e gli studi in altri archivi con acquisizioni dirette di fondi o con acquisizioni digitali dei documenti.

Il film La battaglia dall’Astico al Piave, che Ernesto G. Laura nel catalogo storico dei film prodotti dal Luce, allegato alla pubblicazione Le stagioni dell’Aquila, indica come film di repertorio rieditato nel 1927 è lo spunto per raccontare come l’ Archivio Storico Luce indaga il proprio patrimonio.

Partiamo dalla scheda di archiviazione de La Battaglia dall’Astico al Piave. La scheda del documentario mette in evidenza la struttura del sistema di archiviazione dell’Archivio Storico Luce. Ci troviamo nel fondo Istituto Nazionale LUCE, Serie “Documentari ente produttore”, Sottoserie “La battaglia dall’Astico al Piave”. Ogni scheda si suddivide in area dell’identificazione, area del contenuto e della struttura, area delle sequenze, area della documentazione.

Il lavoro di archiviazione del patrimonio audiovisivo risponde, con particolare attenzione, ai criteri della descrizione di contenuto. Il contenuto è descritto sia in un abstract, che per sequenza, inquadratura per inquadratura.

Fondamentale è la costruzione di un linguaggio controllato come sono gli authority file, ovvero di uno strumento di ricerca costituito da liste di termini, descrittori/parole chiave, controllati e normalizzati, in relazione tra loro, che vanno a identificare temi, avvenimenti, concetti, enti, società, luoghi, persone.

L’esperienza percorsa in oltre vent’anni ci ha dimostrato che questo approccio analitico delle immagini è il modo migliore per favorire le esigenze del settore (autori, registi, filmaker) rispetto al riuso dei nostri materiali.

Lo studioso Alessandro Faccioli dichiara nel suo libro Visioni della Grande guerra. Immagini sopravvissute, ritrovate, riutilizzate:

Buona parte dei filmati italiani girati durante la Grande Guerra sono andati persi. L’impatto che abbiamo con le immagini superstiti, spesso sbriciolate in nuovi contenitori filmici, che poco hanno a che vedere con gli originali, è lo stesso di quando ci troviamo di fronte a un edificio o a un monumento tardo medievale costruito con pietre d’antichità spostate, riutilizzate, ricombinate. Ne intuiamo la provenienza, ma stentiamo a immaginarci la forma dell’antica costruzione da cui provenivano[1].

Archivio Storico Luce, Fondo Adolfo Porry Pastorel, Servizio Manifestazione anniversario della Vittoria all’Altare della Patria, presenti i Reali. Corteo del 4 novembre 1920.

Il 5 agosto 1915, Paolo Boselli, presidente del Comitato nazionale per la storia del Risorgimento italiano, emana una circolare dove vengono indicate le modalità di raccolta delle testimonianze belliche del conflitto appena iniziato per l’Italia. Nella sua relazione dell’11 dicembre 1915 dichiara il Vittoriano (inaugurato il 4 giugno 1911) il luogo della raccolta delle testimonianze, dei documenti, dei cimeli «corollario storico delle guerre per la nostra unità politica»[2]. Diventerà la sede dell’archivio e del museo del Risorgimento, che dal 1935 raccolse tutto il Fondo Guerra che si era venuto a creare in seguito alla circolare Boselli all’interno degli archivi dell’istituto per la storia del Risorgimento.

Ma da questa eterogenea ed immensa raccolta rimangono esclusi (citati solo a margine), anche nelle relazioni per l’ordinamento, i repertori girati in zona di guerra. Eppure, i servizi fotocinematografici dell’Esercito e della Marina produrranno durante il conflitto molti girati, suddivisi in due tipologie di prodotti finali: giornali di guerra e film documentari (“dal vero”) o, meglio, i verosimile, i dal vero ricostruiti.

A febbraio del 1927 viene istituita una Cinemateca militare di propaganda ed istruzione il cui compito è quello di «propaganda in favore delle forze armate. Tutte le pellicole storico-militari prodotte dal Comando Supremo durante la guerra mondiale, saranno affidate in deposito all’Istituto Nazionale “LUCE”»[3].

Per la creazione di questa particolare cinemateca militare era previsto un Comitato tecnico composto da un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri, un rappresentante del Ministero della Guerra; un rappresentante del Ministero dell’Aeronautica, un rappresentante della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, un rappresentante del Luce.

Archivio di stato di Forlì, Archivio familiare Paulucci di Calboli, Archivio personale Giacomo Paulucci di Calboli Barone, Lettera di Filippo Cremonesi a Paolo Boselli, 27 aprile 1927.

Uno degli archivi indagati è quello della famiglia Paulucci di Calboli, il cui familiare Giacomo è stato presidente dell’Istituto Nazionale LUCE dal 1934 al 1940, ma la cui vita pubblica e politica si è intrecciata da subito con l’Istituto. Nel suo archivio, conservato presso l’Archivio di stato di Forlì, nel quale abbiamo indagato, prodotto un nostro inventario e digitalizzato le carte che erano conservate con l’intestazione storica dell’Istituto. Quella che vedete è una lettera inviata dal presidente dell’Istituto Nazionale LUCE, Filippo Cremonesi, al senatore Paolo Boselli per ricordare, con una certa fermezza ed un certo disappunto, l’impegno del riversamento da parte dei servizi fotocinematografici delle forze armate dei repertori girati durante la Grande Guerra. La data della lettera è del 27 aprile 1927.

Nella lettera si dichiara espressamente che il Luce doveva fare un’analisi dei repertori girati per «una azione di propaganda in occasione del XII Annuale dell’entrata in guerra» e nel comitato scientifico della Cinemateca militare viene indicato il capitano Maurizio Rava, responsabile del servizio fotocinematografico dell’Esercito. Come sostiene Emilio Gentile ne La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista: «Il fascismo costruisce la sua “religione politica” attraverso riti, miti e simboli. La Prima guerra mondiale è lo strumento perfetto per la legittimazione e l’identificazione con il passato».

Archivio Storico Luce, Album fotografico, Cineteca del Governatorato di Roma, 1927-1928.

A seguito di una acquisizione da collezionista privato, siamo venuti in possesso di un album fotografico che sul frontespizio reca la scritta “La Cineteca del Governatorato di Roma – nei suoi impianti e nel suo esercizio 1927-1928, Foto-cineteca governatoriale di Roma”. L’album ci mostra come la cineteca fosse perfettamente organizzata in tutte le sue parti: i laboratori per la sviluppo e la stampa fotografica, laboratori per il lavaggio e l’essiccazione dei film, le strutture amministrative, di direzione e scientifiche, commerciali e per la campagna di abbonamento e vendita. Mentre era sindaco di Roma, presidente dell’Istituto Nazionale LUCE, fondatore della cineteca del Governatorato, Filippo Cremonesi, organizza con il direttore Luciano De Feo il passaggio al Luce.

Archivio Storico Luce, Fondo Istituto nazionale LUCE, Libro dei verbali del Consiglio d’Amministrazione, 4 agosto 1928.

Il verbale del 4 ottobre 1928, sotto la presidenza di Alessandro Sardi, recita la definizione dei rapporti con la Cineteca del Governatorato attraverso una convenzione sottoscritta tra le parti: «Le trattative in corso vennero rapidamente condotte a termine e recano all’Istituto un cospicuo arricchimento patrimoniale, conseguente al passaggio alla Luce di tutte le pellicole, macchinari, automezzi ecc. già appartenenti alla Cineteca di Roma». Il Luce si prende in carico il servizio di proiezioni pubbliche a Roma e nell’Agro Romano. Facevano parte della cineteca anche i cinemobili per proiezioni all’aperto.

Alessandro Sardi, Cinque anni di vita dell’Istituto Nazionale «L.U.C.E.», Roma, «Grafia» S. A. I. Industrie grafiche, 1930.

È del 1929 l’opuscolo Cinque anni di vita dell’Istituto Nazionale Luce, pubblicato sotto la presidenza Sardi. Uno dei capitoli è dedicato alla Cinemateca di propaganda ed istruzione militare, dove si parla della proiezione del primo film realizzato e prodotto dal Luce. Nella pubblicazione si parla del decreto legislativo per il riversamento della produzione filmica durante la Grande Guerra da parte delle forze armate al Luce, l’operazione di raccolta e la produzione da «una prima selezione diede come frutto la composizione della pellicola Guerra Nostra. Fu data per la prima volta a piazza Venezia in Roma il 24 maggio 1927 dinanzi ad oltre 100.000 persone. Fu accolta con orgoglio e commozione. Il giro trionfale seguì e continua tuttora in Italia e all’estero; gli utili vengono devoluti a benefici degli orfani di guerra».

Le date che troviamo nei documenti indagati, se elencate, ci inviano alcune indicazioni e ci pongono, credo una domanda su tutte le altre:

  • 25 febbraio 1927 costituzione della Cinemateca militare di propaganda e istruzione presso Istituto Nazionale LUCE;
  • 27 aprile 1927 lettera di Filippo Cremonesi a Paolo Boselli per sollecitare il riversamento dei materiali filmici girati durante la Grande Guerra dai servizi propaganda delle forze armate per l’interesse precipuo di realizzare un nuovo prodotto in occasione del XII dell’entrata in guerra;
  • 24 maggio 1927 proiezione in piazza Venezia del primo film dal vero di Istituto Nazionale LUCE Guerra nostra
  • Filippo Cremonesi, sindaco di Roma dal 1922, diventa presidente del Luce già il 1° luglio 1926, vi rimane, tranne una breve parentesi di un mese del principe Rodolfo Borghese, sino al 10 agosto 1928
  • Prima una convenzione e poi un trasferimento definitivo della Cineteca del Governatorato, fondata da Filippo Cremonesi, nell’ottobre 1928 ad opera di Alessandro Sardi.

Il film Guerra nostra, e supponiamo anche La battaglia dall’Astico al Piave, sono stati realizzati/rieditati, entrambi nel 1927, con repertorio della Grande Guerra rinvenuto nella Cineteca del Governatorato?

Questa domanda potrà trovare risposta, sia nelle pratiche che usiamo in Archivio, sia nell’edizione digitale della Battaglia che è l’oggetto di un assegno di ricerca finanziato dall’Archivio Storico Luce al DIUM/dams di Udine, ma anche, in occasione del nostro centenario, dove gli studiosi ed i ricercatori coinvolti non solo scriveranno sullo stato dell’arte, ma rivolgeranno lo sguardo per prospettive oltre i cento anni.


[1] Alessandro Faccioli, Visioni della Grande guerra. Immagini sopravvissute, ritrovate, riutilizzate, vol. 1, Torino, Kaplan, 2020, p. 9.

[2] Ministero dell’Istruzione. Comitato Nazionale per la storia del Risorgimento, Raccolta di testimonianze e di documenti sulla guerra italo-austriaca. Relazione di S. E. on Paolo Boselli agli onorevoli membri del Comitato nell’adunanza dell’11 dicembre 1915, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati, 1915, p. 6.

[3] Regio decreto del 30 gennaio 1927, Istituzione di una «Cinemateca militare di propaganda ed istruzione», Art. 1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 1927 n. 46.

“ERBARIO DI FAMIGLIA”: UN RIUSO CREATIVO DELL’ARCHIVIO FAMIGLIARE VINCENTINI

Per la terza edizione del pcto/progetto didattico L’Officina di Didattica Luce in Sabina, realizzato nell’anno scolastico 2022/23 dall’Archivio Storico Luce e dall’Archivio di Stato di Rieti, si è svolto un laboratorio di studio, schedatura, analisi tematico-visuale e riuso critico e creativo, incentrato sulla porzione fotografica dell’archivio della famiglia Vincentini, conservato dall’Istituto reatino. Due le classi coinvolte: il III S A del Liceo scientifico opzione scienze applicate – IIS “C. Rosatelli” e il V B, sezione grafica, del Liceo artistico “A. Calcagnadoro” – IIS “Elena Principessa di Napoli” di Rieti. I risultati del laboratorio sono confluiti nell’esito espositivo Erbario di famiglia, inaugurato lo scorso 14 giugno, presso l’Archivio di Stato di Rieti, in occasione dei 70 anni dell’Istituto. Dopo aver pubblicato il contributo di Mattia Bizzarri, studente del Rosatelli, sul riuso critico del patrimonio del fondo Vincentini, oggi è la volta di Roberta Salvemini, che illustra il lavoro di rielaborazione creativa compiuto con i suoi compagni di classe del Calcagnadoro.

di Roberta Salvemini

Con i miei compagni per l’Erbario di famiglia abbiamo provato a giocare con le foto e gli altri documenti dei Vincentini, come le lettere, i diari e i temi, messi a disposizione dall’Archivio di Stato di Rieti. Sicuramente una delle parti più complesse è stata cominciare, prendere confidenza con la storia della famiglia e con i loro materiali. Per arrivare ai prodotti finali, agli elaborati grafici, ideati e realizzati materialmente da noi, ci siamo divisi in quattro gruppi di lavoro. Ogni gruppo ha realizzato un prodotto diverso.

Il primo prodotto Giri di moda consiste nella reinvenzione dell’abbigliamento di fine Ottocento e di inizio Novecento che contraddistingue i vari componenti della famiglia Vincentini. Ispirandoci al gioco da tavolo Gira la moda e all’uso dei figurini, il nostro intento è stato quello creare vestiti e acconciature moderni che potessero essere applicati a uomini, donne e bambini di un tempo antico. Così da un lato abbiamo selezionato tra le foto quelle che ritraggono persone a figura intera e posizionate frontalmente, due requisiti da noi fissati per una buona riuscita del prodotto. Dall’altro lato è stata effettuata una ricerca su libri e sul web di indumenti, accessori, look tipici di varie decadi del secolo scorso, dagli anni Cinquanta ai giorni nostri. Quelli che ci sembravano più identificativi di alcuni momenti della storia della moda e del costume sono stati riadattati alle silhouette, in precedenza ritagliate e isolate dallo sfondo. Così il visitatore può scegliere quali occhiali da sole, quale capigliatura, che tipo di gonna, pantalone o scarpa far indossare a un Vincentini del passato.

Il secondo gruppo è partito invece da un album pocket tascabile, custodito nel fondo famigliare, progettandone due nuovi prototipi, ciascuno con il loro packaging. A livello di stile sono stati utilizzati colori accesi, ma naturali, come ad esempio il magenta, il beige e l’ocra per restituire la sensazione dell’antico. Rispetto alle foto da inserire nei due album tascabili il gruppo ha immaginato che essi potessero essere indirizzati a un marito, a un padre o ad un figlio al fronte, durante una guerra. Quindi tra i soggetti presenti nelle foto sono stati scelti donne e bambini. In più, per far interagire ancora una volta il visitatore con l’oggetto, le foto individuate sono state stampate in duplice copia, dando la possibilità di giocare ad una sorta di Foto memory.

Il terzo progetto artistico riguarda un gruppo di lettere scritte da Luzio Ubaldo Borgogelli Avveduti a Lidia Vincentini, nei mesi che precedono il loro matrimonio, dal maggio all’ottobre del 1924. La prima fase del lavoro ha visto la comprensione e la trascrizione minuziosa di tutte lettere. Successivamente, dopo aver analizzato il loro contenuto, si è deciso di selezionarne una e di modificarla dal punto di vista formale, traendo ispirazione da un’altra lettera contenuta nel fondo, in cui le frasi sono “mascherate” attraverso una sintassi e una grammatica inventate. Il risultato finale, dal titolo Nozze di lettere, in cui a fare da sfondo alla lettera viene inserito un disegno del castello di Montenero, dove i due giovani si sono sposati, lascia al visitatore il compito di decifrare quelle parole.

L’ultimo gruppo ha ideato le pagine di un immaginario diario di Maria Laura Vincentini, riusando i temi trovati in un suo quaderno e mixandoli con alcune foto che potessero aderire ai concetti espressi. Così in uno scritto nel quale si descrive il paesaggio fuori da una finestra troviamo una donna appoggiata su una staccionata che guarda l’orizzonte. La staccionata si apre in uno spazio della pagina che nel tema originale è caratterizzato da righe e righe di puntini di sospensione. Nell’altra pagina individuata, il testo narra la storia di due compagne di classe che con fantasia vengono interpretate da Maria Laura e sua sorella Lidia, ritratte l’una accanto all’altra, quando erano bambine. Questi esiti sono stati chiamati Componimenti.

Lavorare in gruppo non è stato affatto semplice, a partire dai primi istanti del progetto. Trovare un’idea che possa mettere d’accordo tutti i componenti non è scontato, ma è un’occasione perfetta per confrontarsi, ascoltare le opinioni altrui ed esprimere le proprie. Il lavoro è stato particolarmente stimolante perché ci ha permesso di ampliare le nostre competenze di grafica e le capacità di utilizzo dei programmi, sfruttandole al meglio per sviluppare la nostra creatività, ideando soluzioni originali e curiose. Tutto questo è stato accompagnato dalla conoscenza della famiglia Vincentini. Il progetto ha svelato infatti aspetti interessanti della quotidianità di questi personaggi, parte della storia della provincia reatina da noi abitata. È sempre emozionante riuscire a toccare dei pezzi di storia con le mani.

“ERBARIO DI FAMIGLIA”: UN RIUSO CRITICO DELL’ARCHIVIO FAMIGLIARE VINCENTINI

Per la terza edizione del pcto/progetto didattico L’Officina di Didattica Luce in Sabina, realizzato nell’anno scolastico 2022/23 dall’Archivio Storico Luce e dall’Archivio di Stato di Rieti, si è svolto un laboratorio di studio, schedatura, analisi tematico-visuale e riuso critico e creativo, incentrato sulla porzione fotografica dell’archivio della famiglia Vincentini, conservato dall’Istituto reatino. Due le classi coinvolte: il III S A del Liceo scientifico opzione scienze applicate – IIS “C. Rosatelli” e il V B, sezione grafica, del Liceo artistico “A. Calcagnadoro” – IIS “Elena Principessa di Napoli” di Rieti. I risultati del laboratorio sono confluiti nell’esito espositivo Erbario di famiglia, inaugurato lo scorso 14 giugno, presso l’Archivio di Stato di Rieti, in occasione dei 70 anni dell’Istituto, e visitabile fino al 14 luglio. Oggi pubblichiamo una prima parte del racconto di questa esperienza, scritto dalle ragazze e dai ragazzi che vi hanno partecipato. A prendere la parola per la classe del Rosatelli è lo studente Mattia Bizzarri.

di Mattia Bizzarri

L’Erbario di famiglia è solo l’ultimo tassello de L’Officina di Didattica Luce in Sabina, pcto cominciato all’inizio del 2023. Divisi in quattro gruppi di lavoro, io e i miei compagni di classe siamo partiti dalla schedatura delle foto presenti nel fondo della famiglia Vincentini. Ci hanno dato in pasto le scansioni di quasi 400 fotografie, di formato differente, per la maggior parte sfuse, in alcuni casi provenienti da album. 

C’è voluto un po’ di tempo prima di capire come funzionasse il tutto, l’intera macchina. Ma si sa, la maggior fatica sta sempre nell’iniziare, poi le cose sembrano un po’ venir da sé. Inizi, vedi questa grande montagna da scalare, vai avanti, fatichi, spezzi il fiato e ad un certo punto trovi e prendi il ritmo. Così abbiamo guardato e riguardato le foto, le abbiamo incrociate tra loro, confrontate con gli originali, soprattutto con il retro delle stampe che potevano rivelare informazioni utili. Ci siamo messi a ricostruire o a interrogare alberi genealogici, a consultare altri documenti del fondo, come ad esempio le lettere che si scambiavano tra familiari, a fare ricerche sul web per accumulare notizie necessarie all’analisi e alla descrizione di ciò che avevamo davanti agli occhi. A volte potevamo partire dalle indicazioni segnate a matita  dagli eredi sulle foto, altre volte no. Capire perciò cosa stavano cercando di dirci quelle immagini che non potevano parlare ha rappresentato per noi una bella sfida. Scoprire chi fossero quelle persone del secolo scorso o di due secoli fa, quei luoghi ancora a noi ignoti, e il grande intreccio di esistenze che si celava dietro quelle foto è stata la parte più complessa, ma anche coinvolgente del progetto.

Lavorare in gruppo non è mai facile, e non lo è stato neanche per noi: incontrarsi con le proprie idee, scontrarsi con modi di fare differenti, seguire una linea comune e svilupparla con persone più o meno motivate. Accanto al pcto procedeva naturalmente poi la nostra vita scolastica: c’era chi doveva recuperare questa o quella materia, chi non riusciva a stare dietro alle interrogazioni e ai compiti per il giorno dopo o chi semplicemente era meno interessato ed evitava di intromettersi più di tanto. Inoltre, nonostante siamo in una stessa aula da tre anni, un progetto del genere, nuovo per tutti, costringe ad impegnarsi, a relazionarsi, ad agire, a dover trovare soluzioni in maniera diversa.

Mentre la schedatura andava avanti, avevamo però l’impressione che mancasse qualcosa, ma non riuscivamo a capire cosa. L’obiettivo di schedare sembrava rimanere un po’ fine a se stesso, ci veniva da dire “Sì, e poi…?”. Sapevamo che avremmo avuto la possibilità di raccontare in qualche modo, con una nostra rielaborazione, le foto schedate, ma non ci era ancora chiaro come. C’erano ancora solo ipotesi nell’aria.

Finalmente quel momento è arrivato con l’esito espositivo Erbario di famiglia, per il quale abbiamo realizzato un “riuso critico”. Le informazioni da noi inserite in ogni scheda associata ad una foto sono servite per selezionare 35 foto collegate a cinque nuclei tematici. L’allestimento della mostra è stata la fase più calda e movimentata. Era giunta l’ora di tirare le somme del nostro lavoro, e dovevamo farlo in fretta perché il tempo rimasto non era tanto. Nella mostra, su cinque diversi pannelli, si sviluppa un albero con i suoi rami e per ogni pannello al posto delle foglie c’è un gruppo di foto, uno per ciascun tema. Al centro ovviamente le foto riguardanti la famiglia dei Vincentini, a destra quelle degli Orsini e degli Hoyos, famiglie ai quali sono imparentati, mentre a sinistra i luoghi del nostro territorio che sono stati di proprietà dei Vincentini e i momenti di vita, riti sacri e profani, che coinvolgono i componenti della famiglia.

È stato un viaggio lungo e tutt’altro che semplice, ma come tutti i viaggi più tortuosi ha lasciato molto: imparare a lavorare con altre persone, sostenere le scadenze, elaborare un proprio metodo logico e funzionale, imparare rapidamente un argomento sconosciuto, responsabilizzarsi, saper dialogare anche con sconosciuti e stimolare un proprio spirito di iniziativa. Questo progetto ci ha fatto approcciare ad aspetti nuovi e magari anche ad affrontarli. Personalmente sono molto fiero e soddisfatto della sua riuscita.