Lucia Bosé, oltre l’attrice di Alessandra Tomassetti

La notizia della scomparsa di Lucia Bosè il 23 marzo di quest’anno a causa di un’infezione polmonare da SARS-CoV-2, ha destato una profonda commozione sia in Spagna – l’attrice vi risiedeva dal matrimonio nel 1955 con il torero Luis Miguel Dominguìn – sia in Italia, dove era nata 89 anni fa[1].

Attrice e donna dal carattere forte e anticonformista, Lucia Bosè ha attraversato quasi cinquant’anni di cinema italiano e internazionale, con una carriera poco premiata ma di grande interesse e che ha lasciato alcuni personaggi indimenticabili.
Pur non avendo avuto una formazione accademica, era dotata di un talento naturale per la recitazione che la rendeva particolarmente espressiva per i personaggi femminili moderni e complessi.
Tra le sue prime esperienze cinematografiche vi è Paola Molon Fontana, la protagonista di “Cronaca di un amore” del 1950, il suo secondo film come interprete: fu diretta da Michelangelo Antonioni, che lo vide debuttare alla regia e che fu vincitore per questo lungometraggio del Premio Speciale ai Nastro d’Argento nel 1951. In questo servizio della Settimana Incom del 24 novembre 1951, il regista ferrarese viene premiato durante l’annuale inaugurazione dei corsi del Centro sperimentale di cinematografia di Roma.

Lucia Bosè salì alla ribalta delle cronache vincendo nel 1947 il concorso di Miss Italia ad appena sedici anni, prevalendo su un nutrito gruppo di concorrenti, alcune delle quali divennero anch’esse attrici di fama internazionale: in quella edizione vi presero parte Silvana Mangano, Luigia “Gina” Lollobrigida, Eleonora Rossi Drago e Gianna Maria Canale.

Il servizio che segue della Settimana Incom del 3 ottobre 1947 racconta la vittoria della Bosè al concorso.

Fin dall’inizio della sua carriera fu la protagonista di film d’autore che affrontarono anche tematiche esistenziali; sospese l’attività cinematografica nel 1955 quando sposò Luis Miguel Dominguìn, che aveva conosciuto in Spagna mentre recitava in “Muerte de un ciclista” di Juan Antonio Bardem (uscito in Italia nel 1954 con il titolo “Gli egoisti”).

Dal matrimonio nacquero tre figli, Paola, Lucía e Miguel: proprio quest’ultimo appare insieme ai genitori a zonzo per il centro di Roma nel servizio del Fondo DIAL del 1959.

Il matrimonio le permise di frequentare la vita artistica e sociale della Spagna franchista che dalla seconda metà degli anni Cinquanta del XX secolo visse lo ‘Desarrollo’, ossia lo sviluppo economico spagnolo che caratterizzò gli anni tra il 1959 ed il 1973.
La coppia fu molto amica del pittore Pablo Picasso che fu anche il padrino della figlia Paola: le testimonianze di questo intenso e affettuoso rapporto con il pittore sono le numerose immagini che li ritraggono insieme. Nel 1960 Dominguìn scrisse un piccolo saggio, in cui racconta sé stesso, la tauromachia e il suo rapporto con Picasso, nato per caso nel 1950 durante un incontro combinato dal regista francese Jean Conteau, amico di entrambi[2], dopo una sezione di incontri ad Arles. Picasso gli chiese di scrivere qualcosa per uno dei suoi libri di pittura in pubblicazione: la richiesta era tanto generica che Dominguìn si trovò in seria difficoltà e: «Comprenderete che di fronte a tali ragionamenti ho dovuto rinunciare a sapere ciò che Pablo voleva da me, e scendere in un’arena che mi era sconosciuta»[3]. Ne venne fuori un testo rivelatore, sulla vita, l’amore, l’arte, le donne, l’amicizia, la morte[4]. Le loro famiglie si frequentarono spesso, Dominguìn e Picasso parlavano di molte cose, soprattutto di arte e di amicizia; il pittore donò alla coppia disegni e quadri, ed era solito giocare con i bimbi per «ritornare bambino e travestirsi con cenci e maschere sempre diversi»[5]. Durante gli anni del suo matrimonio Lucia Bosè si ritirò dalle scene se si eccettua la partecipazione con un cammeo nel “Le Testament d’Orphée” di Jean Cocteau, amico della coppia e di Picasso, film surreale e visionario, nel quale parteciparono con una breve apparizione sia il pittore che il torero.

Una pausa durante le riprese del film “Le Testament d’Orphée”, da sinistra in piedi Luis Miguel Dominguìn, Pablo Picasso, Jean Cocteau, il ballerino Serge Lifar; sedute sono Jacquelin Roque (la seconda moglie di Picasso) e Lucia Bosè[6].
Nel 1961 entrambi presero parte ai festeggiamenti in Francia per gli ottant’anni del pittore spagnolo, Dominguìn si esibì in una dimostrazione di tauromachia.

Caleidoscopio Ciac / C1366

Vallauris: compleanno di Picasso (11/1961) che vede lo svolgimento di una corrida con la partecipazione di Luis Miguel Dominguìn.

Il matrimonio finì molto presto e l’attrice, pur rimanendo in Spagna, riprese a recitare in pellicole d’autore di stampo internazionale come il “Satyricon” (1969) di Federico Fellini (interpretò la matrona suicida), “L’ospite (1972) di Liliana Cavani, “La colonna infame” (1973) di Nelo Risi, “Metello” (1970) e “Per le antiche scale” (1975) di Mauro Bolognini.

Lucia Bosè fu donna e attrice anticonformista e dalle scelte professionali ardite, per esempio scegliendo di partecipare al film di Carlo Tuzii “Ciao Gulliver” nel 1970 (in evidenza le immagini dal Getty’s Museum). Pellicola interamente girata in presa sonora diretta e per la quale non percepì alcun compenso avendo aderito alla cooperativa di produzione, e nella quale interpretò il ruolo della protagonista femminile Evelyne. Radar R0345:

Negli anni Ottanta e Novanta recitò in ruoli secondari in alcune miniserie televisive girate in Italia e in Francia; riprese inoltre l’attività cinematografica in pellicole di carattere internazionale e di cinema d’autore.

Tra i titoli sono “Cronaca di una morte annunciata” (1987) di Francesco Rosi tratto dal romanzo omonimo di Gabriel García Márquez in cui interpretò la madre di Santiago Nasar; “Brumal” regia di Cristina Andreu (1988) in cui recitò insieme alla figlia Paola Dominguín; “Il bambino della luna” regia di Agustí Villaronga (1989) in cui è stata la Direttrice; “Volevo i pantaloni” regia di Maurizio Ponzi (1990) in cui è stata la mamma della protagonista Grazia;  “L’avaro” (1990) di Tonino Cervi in cui interpretò Donna Elvira; “Harem Suare” (1999) di Ferzan Ozpetek in cui è stata Safiye, la protagonista femminile anziana[7].

Proprio negli anni tra l’uscita del film di Cervi (1990) e la promozione della miniserie televisiva “Il coraggio di Anna” (1992) trasmessa da Canale 5, venne realizzato il servizio del fotografo Pino Settanni.
Il fondo fotografico di Pino Settanni è stato acquistato negli anni 2015-2018 dall’Istituto Luce Cinecittà e dal 2017 è iniziato il lavoro di riordino e descrizione archivistica e catalografica del ricco patrimonio di immagini. Il fondo è stato dichiarato di interesse storico particolarmente importante ai sensi degli artt. 13 e 14 del d. lgs. 42/2004[8]. Si compone di reportage giornalistici e documentaristici sulla committenza di soggetti pubblici (Stato maggiore dell’esercito italiano, Presidenza del Consiglio dei ministri, Fondazione Piaggio), di progetti fotografici (i paesaggi, il costume e il mondo dello spettacolo – in particolare del cinema – di viaggi personali) e di fotografia artistica (soprattutto i ritratti di personaggi del mondo dello spettacolo e del panorama artistico e culturale nazionale oltre a le rielaborazioni digitali a colori[9]).

Il servizio che ritrae Lucia Bosè fu realizzato presso lo studio di posa di Settanni a Roma, e presenta una serie di primi piani, piani americani e totali. L’attrice, in splendida forma, sembra si diverta molto ed esprime con notevole espressività numerosi stati d’animo, adattandoli a una serie di particolari copricapi che indossa (un basco, un cappello a falde larghe, uno con risvolto, un colbacco di feltro).

Ancora una volta l’attrice rivela una naturale e istintiva espressività davanti la macchina fotografica, dimostrando una buona dose di autoironia e nello stesso tempo di quella velata malinconia che ha caratterizzato le donne che ha interpretato nella sua carriera.

Dal 1998 Lucia Bosè aveva iniziato a tingere di blu i capelli, cosa che in più occasione aveva ricordato essere stato suggerito dalla nipote Eleonora (conosciuta con lo pseudonimo di Bimba), che era la figlia di Lucia Dominguìn e morta di cancro nel 2017. In queste ultime immagini che sono qui proposte tratte dal Fondo Master Photo dell’Archivio storico Luce, Lucia Bosè è a Roma nel 1998.

In quest’occasione partecipò alla presentazione del restauro della pellicola de “Gli sbandati”, film del 1955 di Francesco Masselli, in cui interpretò l’operaia Lucia, uno dei personaggi particolarmente amati dall’attrice[10]. In questo periodo si era praticamente ritirata dalle scene, tuttavia era ancora un’icona del cinema italiano d’autore, con i suoi capelli blu elettrico che non solo l’hanno contraddistinta, ma anche accompagnata, divertendola, per il proseguo della sua vita.

Note

[1] https://www.archivioluce.com/2020/03/23/lucia-bose/: la pagina sul sito dell’Archivio storico Luce a lei dedicata.
[2] Prefazione di Jacques Durant al volume “Per Pablo” scritto da Luis Miguel Dominguìn nel 1960 e pubblicato in Italia da O Barra o Edizioni nel 2012.
[3] Ibidem, p. 10.
[4] Ibidem, p. 15: «I tori sono la mia professione, l’amicizia lamia devozione e l’arte la mia vocazione».
[5] Ibidem, p. 21.
[6] http://www.cotemagazine.com/fr/week-end-by-cote/item/4613-redecouvrez-le-tournage-du-testament-d-orphee-au-musee-jean-cocteau-a-menton-170.
[7]http://www.treccani.it/enciclopedia/lucia-bose_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/; https://www.imdb.com/name/nm0098393/. Un dietro le quinte del film “Harem Suare” è in: Fondo Mario Canale, MC2012601, Set del film “Harem suaré”.
[8] Pino Settani è stato un fotografo pugliese particolarmente attivo dal 1988 nella ritrattistica, coinvolgendo il mondo del cinema, dello spettacolo e della cultura nei suoi numerosi progetti artistici. Nel corso della sua carriera ha inoltre collaborato con importanti committenze istituzionali che lo hanno portato tra l’altro a seguire le missioni militari italiane, realizzando alcuni reportage di grande interesse umano e artistico.
Dal 1978 al 1983 è stato l’assistente personale di Renato Guttuso. Ha esposto le sue opere fotografiche nelle più importanti gallerie d’arte. Ha cercato nella sua produzione l’idea di pittura-fotografia.
[9] Pino Settanni aderì al progetto di Giancarlo Torresani e Vanni Potente del Dipartimento di attività culturali della F.I.A.F (Federazione italiana associazioni fotografiche), che promosse l’utilizzo e la diffusione della fotografia digitale con una serie di iniziative, tra cui la proclamazione del 2003 come l’ “Anno della fotografia digitale”.
[10] La pellicola è stata restaurata dall’Associazione Philip Morris Progetto Cinema, con la collaborazione della Fondazione Adriana Prolo – Museo Nazionale del Cinema e della Ripley’s Film.

Bibliografia e sitografia:

Dominguìn, Luis Miguel, Per Pablo, Milano, O Barra o Edizioni, 2012.
Gregory Settanni, Monique – Viceconte, Giovanni (a cura di), Museo della fotografia Pino Settanni / presentazione Vittorio Sgarbi, Roma, De Luca editori d’arte, 2014, p. 58.
Settanni, Pino, Pino Settanni. La memoria le immagini, Roma, Pieraldo editore, 1998.
http://www.treccani.it/enciclopedia/lucia-bose_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/;
https://www.imdb.com/name/nm0098393/;
https://www.archivioluce.com/2020/03/23/lucia-bose/;
https://archivioraam.org/en/artwork/lucia-bose;
http://www.pinosettanni.it/museo.html;
http://www.cotemagazine.com/fr/week-end-by-cote/item/4613-redecouvrez-le-tournage-du-testament-d-orphee-au-musee-jean-cocteau-a-menton-170

 

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