di Alessandra Tomassetti
L’anno 2020 per il mondo della cultura avrebbe dovuto essere quello dedicato alle celebrazioni per i cento anni dalla nascita di Federico Fellini.
L’Istituto Luce-Cinecittà, testimone prestigioso della carriera e delle opere del Maestro riminese, ha inaugurato a febbraio una mostra-istallazione nella Palazzina Fellini all’interno del complesso degli Studi cinematografici di Cinecittà intitolata Felliniana-Ferretti sogna Fellini, come parte dell’esposizione permanente del percorso di Cinecittà si Mostra.
A causa della pandemia da SARS-CoV-2, molti degli eventi in programma sono stati prorogati a tutto il 2021, mentre sul canale YouTube di Luce-Cinecittà sono presenti numerose proposte di approfondimento degli spazi espositivi dedicati a Fellini.
È pressoché indissolubile il legame tra Federico Fellini e Cinecittà, come egli stesso dichiarò nel documentario realizzato in occasione della celebrazione dei cinquanta anni degli Studi cinematografici alla domanda se il mito della città del cinema fosse oramai tramontato:
No, no, non mi sembra, quest’aria magica, mitica ce l’ha per il solo fatto che ci sto io… Ci vivo non solo quando giro, ma quando preparo i film, quando li monto, quando li doppio, quando penso al prossimo. Ormai, veramente, è diventata una dimensione proprio estremamente familiare. E della casa poi c’ha tutti i suoi angoletti: un gruppo di cagnetti che ti accompagna quando vai da un teatro all’altro scodinzolanti e festosi. E le ore del giorno, il trascolorare così del cielo da una luminosità a un’altra come capita affacciandosi alle finestre di casa propria.
È sembrato giusto chiudere questo anno complesso con la narrazione del rapporto tra Federico Fellini e il fotografo Pino Settanni attraverso le immagini che quest’ultimo realizzò nel 1991 presso il suo studio di posa in Via di Ripetta a Roma, ed è anche un’occasione per presentare il primo fondo fotografico autoriale che l’Istituto Luce-Cinecittà ha acquistato, proprio per il legame professionale profondo che egli aveva con il mondo del cinema.
Le foto di Federico Fellini furono fortemente volute da Settanni a suggellare un rapporto ventennale di amicizia con il regista, come egli stesso racconta in prima persona nell’introduzione al volume Pino Settanni. La memoria le immagini del 1998 firmata da Giampiero Mughini[1].
Il Fondo Pino Settanni è andato ad arricchire il patrimonio fotografico dell’Archivio storico dell’Istituto Luce-Cinecittà: è stato acquistato con tre atti di cessione da parte della vedova, Monique Gregory Settanni con l’obiettivo di conservare, valorizzare e rendere fruibile le circa 60.000 immagini tra negativi su pellicola, diapositive (pellicole e diapositive 35mm e/o 6×7) e positivi su carta (stampe 9×12)[2]. L’ambito cronologico è tra il 1966, anno in cui il fotografo iniziò l’attività come fotoamatore e il 2010 (anno della sua morte): i soggetti rappresentati sono molteplici, come tanti i luoghi ripresi e i progetti ai quali egli lavorò nel corso della sua lunga carriera[3].
Un primo gruppo di immagini sono già disponibili online: si tratta delle foto che riguardano la Serie “Reportage”, un aspetto importante ma poco conosciuto dell’attività di Pino Settanni, ma che invece fornisce il suo personale punto di vista sulla fotografia perché esprimono uno stile documentaristico che non nasconde l’aspirazione estetica.
Il lavoro di descrizione archivistica e catalografica sta proseguendo con la Serie “Ritratti”, che presenta molti volti noti del mondo dello spettacolo e della cultura tra la fine degli anni Ottanta e i Novanta del XX secolo.
Molti dei servizi fotografici furono realizzati da Pino Settanni in occasione delle campagne per le promozioni cinematografiche, sia in presenza sui set – cd. “foto di scena” – sia nel suo studio di posa con gli attori ritratti in abiti di scena (ad esempio per le immagini che erano necessarie per le locandine dei film o degli spettacoli).
Moltissimi ritratti sono quelli che realizzò nell’ambito del progetto fotografico Ritratti in nero… con oggetto, che ebbe nel 1989 un enorme successo di critica e di pubblico con l’esposizione romana presso la Galleria Rondanini e la pubblicazione del volume omonimo[4]. Settani continuò a dedicarsi a questo progetto negli anni seguenti coinvolgendo numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e della politica.
A Federico Fellini è stato dedicato un fascicolo nel quale sono stati distinti tre servizi fotografici: il 1991 segnò una pausa artistica per il regista che aveva diretto nel 1990 La voce della Luna[5].
Fellini accettò di farsi fotografare dopo che Settanni lo ebbe pregato ripetutamente di recarsi nel suo studio per realizzare un vero e proprio servizio fotografico nell’ambito del progetto Ritratti in nero… con oggetto[6]. Non era un caso la scelta del luogo, perché il suo studio era «dove sono dominatore, sono io a scegliere ogni dettaglio, ogni particolare di luce, ogni sfumatura di colore»[7].
Settanni lo andò a prendere nella casa di via Margutta, pregandolo di vestirsi di nero «perché nei miei ritratti io voglio far venire fuori il nero dal nero, cosa che nella fotografia non è facile»[8].
Ma Fellini indossava un dolcevita rosso con una giacca pied de poule: Settanni scattò numerose fotografie, ma il risultato fu per lui insoddisfacente. In queste immagini il regista appare impacciato, a disagio, quasi intimidito dalla macchina, forse anche infastidito dalla forte luce che illumina la sua figura (era l’effetto costruito da Settanni per contrastare maggiormente gli elementi colorati dall’ambientazione scura).
Nel primo servizio il regista è accompagnato da alcuni oggetti iconici: gli occhiali da vista, il cappello a quadretti di Montappone[9] e una statuetta riproducente un clown (chiaro riferimento al film La strada che valse a Fellini il premio Oscar al miglior film in lingua straniera nel 1957).
Fondo VEDO, Federico Fellini e Giulietta Masina mostrano l’Oscar nella loro abitazione in Via Archimede ai Parioli.



Fondo Pino Settanni
Poi gli fece indossare una sciarpa nera, per ricreare il contrasto cromatico voluto e Fellini seduto davanti a una scrivania improvvisata, messogli a disposizione alcuni fogli, pennarelli, matite colorati e alcuni libri, appare maggiormente a suo agio perché concentrato nel disegno e nella lettura e l’atteggiamento appare sereno e rilassato.
Fondo Pino Settanni
Tuttavia, il risultato finale non piacque a Settanni, che richiamò Fellini pregandolo di recarsi nuovamente nel suo studio con un abito nero. Fellini accettò il nuovo invito, ma commentò sarcasticamente colpito da questa nuova richiesta: «Vorrà dire che dovrò cambiare fotografo».
Per questo secondo appuntamento Settanni ripropose a Fellini di utilizzare i pennarelli, le matite e un blocco di fogli da disegno: il regista incominciò a disegnare e poi a lanciare in aria le matite.
Fondo Pino Settanni
Ebbe vita così una serie di scatti suggestivi in cui il regista e il fotografo, finalmente complici, riuscirono a interagire e a dare vita a uno dei servizi fotografici più fortunati. Fellini continuò a lanciare in aria le matite e a sorridere, e come ricorda Settanni nella stessa introduzione egli era: «un giocoliere, esattamente quel che lui è stato nella storia del cinema. Uno che ha giocato con le immagini e i sogni»[10].




Fondo Pino Settanni
Tra queste immagini, particolarmente significativo è un medio-primo piano in cui il viso di Fellini, con il cappello di Montappone ben calcato in testa e i grossi occhiali da vista come a nascondere il volto illuminato da una intensa luce radente, emerge tra il nero profondo del fondale e del maglioncino dolcevita indossato. La falda del cappello e gli occhiali creano delle ombre inquietanti sul viso. A chiudere questo servizio è l’autoritratto autografo a pastelli colorati che Fellini fece durante la seduta fotografica e che donò a Settanni[11].



Fondo Pino Settanni
Come è noto Fellini amò molto disegnare e usò farlo per immaginare i personaggi dei suoi film prima ancora di realizzarli. Dal sito della Fondazione Federico Fellini di Rimini è possibile consultare una ricca carrellata di suoi disegni: http://archivio.federicofellini.it/disegni.
Nel 1972 egli vinse un prestigioso premio al Salone internazionale dell’umorismo di Bordighera[12] raccontato da questo servizio della testata «Notizie cinematografiche» dell’ottobre del 1972.
Notizie cinematografiche/N028304, 10/1972, La premiazione di Fellini e del disegnatore Peynet al Salone Internazionale dell’umorismo a Bordighera
Settanni e Fellini si erano conosciuti a Roma nel 1973: il fotografo era appena giunto dalla Puglia con la voglia di dedicarsi a tempo pieno alla fotografia. Erano anni difficili per tutti, l’Italia e Roma sperimentarono l’austerity:
Sette G/G037001, 11/12/1973, La reazione degli italiani all’austerity
L’incontro casuale avvenne in via del Babuino, Fellini abitava in via Margutta, Settanni in una camera in affitto lì vicino. Il regista era reduce dal successo di due dei suoi film più importanti, Roma (1972) e Amarcord (1973), quest’ultimo vincitore del premio Oscar per il miglior film straniero nel 1975[13] e del David di Donatello. Settanni, lasciato il lavoro all’Italsider a Taranto, con fatica si ambientava alla vita della capitale, contando sull’amicizia e il sostegno di Antonio Sansone[14] e Claudio Abate[15] che aveva conosciuto entrambi appena giunto a Roma.
Erano anni in cui possedevo due macchine fotografiche Mamiya C330 bifocali. Ora l’una, ora l’altra, facevano immancabilmente l’andata e il ritorno al Monte di Pietà. Le impegnavo e le disimpegnavo. Dovevo pur mangiare[16].
Nell’incontro casuale in strada Fellini era rimasto colpito dal volto di Settanni e fermandolo gli propose una piccola parte nel Casanova, del quale era intenzionato a iniziare le riprese di lì a poco[17]. Settanni rifiutò la parte perché aspirava a divenire un fotografo professionista; Fellini gli dette un appuntamento negli Studi di Cinecittà, forse intenzionato a coinvolgerlo come fotografo di scena. Ma questa volta Settani non riuscì neanche a parlare con il regista allontanato dagli altri fotografi che lavoravano sui set cinematografici.
Fellini conosceva molto bene la compagna di Settanni, Monique Gregory (poi divenuta sua moglie) perché lei aveva una galleria d’arte proprio in via Margutta. In seguito, Settanni chiese a Fellini una lettera di presentazione per incontrare a New York Andy Warhol: il regista gli firmò un foglio in bianco dicendogli che avrebbe potuto scrivere a suo nome ciò che voleva. Settanni, non utilizzò mai quel foglio, ma lo conservò sempre gelosamente[18].
Fondo Pino Settanni, PSR00003222 – Pino Settanni nella piazza del World Trade Center
[1] P. Settanni, Pino Settanni: la memoria le Immagini, testi di G. Mughini e S. Argentieri, Roma, Pieraldo Editore, 1998, pp. 11-15.
[2] Il fondo è stato oggetto del procedimento di dichiarazione di interesse storico particolarmente importante ai sensi degli artt. 13 e 14 del d.lgs. 42/2004 e ss.mm., arricchendo il patrimonio documentale dell’Archivio storico dell’Istituto Luce-Cinecittà già dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio (nota del luglio 1997 e successiva integrazione del giugno 2003).
[3] Una aggiornata raccolta di articoli riguardanti Pino Settanni e la sua attività in: https://www.pinosettanni.it/dettodipino.html.
[4] P. Settanni, Pino Settanni: ritratti in nero… con oggetto, testo di C. Cederna, Roma, Pieraldo Editore, 1989.
[5] L’anno successivo, il 1992, Fellini realizzò tre brevi cortometraggi in forma di spot pubblicitari intitolati Il sogno per conto della Banca di Roma, con protagonista Paolo Villaggio che aveva lavorato per lui ne La voce della Luna.
[6] Ivi, p. 11.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Il particolare modello che Fellini amò indossare è esposto nel Museo del cappello di Montappone: http://www.etvmarche.it/2019/12/25/verso-lanno-di-fellini-lultimo-cappello-e-a-montappone-video/
[10] Ibidem.
[11] Le foto con protagonista Federico Fellini sono pubblicate in: M. Gregory Settanni, G. Viceconte (a cura di), Museo della fotografia Pino Settanni, presentazione di V. Sgarbi, Roma, De Luca editori d’arte, 2014, pp. 26-27; P. Settanni, Pino Settanni: la memoria le Immagini, op. cit., p. 59; P. Settanni, Pino Settanni: simboli sguardi sogni, Roma, Pieraldo Editore, 1992, p. 31.
[12] https://www.bordighera.it/cultura/salone_internazionale_dell_umorismo; http://www.saloneumorismo.com/it/home-2/.
[13] Il film vinse numerosi premi in Italia (tra cui il David di Donatello per il miglior film e la miglior regia) e all’estero: < https://www.imdb.com/title/tt0071129/ >, ultima consultazione dicembre 2020.
[14] Antonio Sansone è stato un fotoreporter collaboratore di quotidiani e settimanali nazionali. Il Fondo Sansone (Antonio e Nicola) si trova presso il Centro studi e Archivio della comunicazione dell’Università degli studi di Parma: <http://www.censimento.fotografia.italia.it/fondi/fondo-sansone/>, ultima consultazione dicembre 2020.
[15] Claudio Abate è stato un fotografo d’arte e fotogiornalista di fama internazionale, noto per le sue foto realizzate in teatro a Carmelo Bene e in generale per quelle del teatro d’avanguardia degli anni Sessanta del XX secolo, oltre che per il rapporto stretto con la “Nuova scuola romana” dei pittori attivi a Roma. Per la bibliografia e il suo archivio: < https://www.claudioabate.com/ >, ultima consultazione dicembre 2020.
[16] Ivi, p. 12.
[17] Il film Casanova ebbe una complessa gestazione a causa dei problemi insorti sia con la produzione (prima con Dino De Laurentiis poi con Angelo Rizzoli e il produttore esecutivo Aurelio Grimaldi), sia a causa di una serie di incidenti che rallentarono la realizzazione del lungometraggio: R. Copioli, G. Morin, Il Casanova di Fellini ieri e oggi 1976-2016, Roma, Senato della Repubblica, Gangemi editore, 2017 (il volume contiene gli atti del Convegno collaterale alla mostra presso la Biblioteca del Senato della Repubblica realizzati entrambi in occasione del quarantesimo anniversario del film).
[18] Ivi, p. 11.
Ma che bello e che belle immagini! E che storia interessante, sul rapporto tra il fotografo e i suoi soggetti…. Complimenti Alessandra! Grazie