BUON COMPLEANNO, NAVE VESPUCCI! OGGI SONO 90

di Desirée Tommaselli

Tra le opere italiane più famose e celebrate al mondo, l’Amerigo Vespucci è un vero e proprio mito, non solo della marineria mondiale ma anche della cultura pop. Complici di tanta fama sono senza dubbio tutti gli “aneddoti” raccolti nei primi novanta anni della sua vita, uno tra tutti il riconoscimento ricevuto nelle acque del Mediterraneo nel 1962 dalla portaerei americana USS Independence, che lo definì, con segnalazioni a lampi di luce «la più bella nave del mondo». Ma ci sono anche tutte le storie legate ai viaggi compiuti nei mari e nei porti di tutto il mondo, ai potenti fortunali, a competizioni ingaggiate con velieri stranieri, all’esecuzione di manovre memorabili come l’attraversamento del Canale navigabile di Taranto a vele spiegate.

Il segreto del suo fascino, però, risiede da sempre nel suo aspetto da veliero del XVIII secolo, evocativo di tanta letteratura di viaggio. Un aspetto dalle forme rétro voluto e ricercato sin dal suo progetto, al fine di palesarne le funzioni.

A volere questa nave, e la “quasi gemella” Cristoforo Colombo (varata nel 1928), fu l’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, convinto assertore del potere formativo della pratica velica sul carattere degli individui al punto da inserire nel programma di ricostruzione della flotta, in qualità di Ministro della Marina dal 1923 al 1925, i velieri Vespucci e Colombo, destinati a sostituire le navi scuola Flavio Gioia e Amerigo Vespucci, prossime alla radiazione.

Nell’epoca in cui la marineria velica era al tramonto, l’Ammiraglio Thaon di Revel intraprese una strada controcorrente e lungimirante, dando continuità alla tradizione della Marina postunitaria di formare gli allievi sulle unità a vela e assicurando la conservazione di un antico linguaggio di bordo, tramandato tutt’oggi sulle navi scuola della Marina, che altrimenti sarebbe andato perduto.

Quella impostata dall’Ammiraglio Thaon di Revel fu un’operazione culturale di lunga durata, che venne poi attuata dall’Ammiraglio Sirianni e che nel tempo ha trovato conferme, fino ad oggi.

L’incarico del progetto venne assegnato ad un ingegnere di Marina, il tenente colonnello del Genio Navale Francesco Rotundi, che si ispirò al pirovascello della Marina borbonica Monarca, passato poi alla Regia Marina postunitaria che lo ribattezzò Re Galantuomo. La forma dello scafo e la colorazione a fasce bianche e nere fu ripreso da questo modello; una discendenza resa ancor più concreta dalla scelta dell’Arsenale in cui impostare le nuove navi scuola Colombo e Vespucci, quello di Castellammare di Stabia, il principale cantiere mediterraneo della prima metà dell’Ottocento, gloria della Marina borbonica, con all’attivo una serie di primati conseguiti anche sotto la Regia Marina e, soprattutto, lo stabilimento di costruzione del Monarca. Circa un migliaio di uomini partecipò all’allestimento (maestri d’ascia, d’opera sottile, ferrai, aggiustatori, tornieri, fonditori, staffatori, bozzellari, ramari, calafati, segatori, pittori, sommozzatori, ciurmisti, muratori, velai e i cordari dell’attigua Corderia della Regia Marina) che confermarono la secolare professionalità del cantiere stabiese, costruendo il Vespucci in tempi record: impostato sullo scafo il 12 maggio 1930, fu varato meno di nove mesi dopo.

La data scelta per l’emozionante rito cadde sul 22 febbraio 1931, nella ricorrenza della morte del grande esploratore cui veniva intitolata la nuova nave scuola.

Foto Reparto Attualità, Il varo della nave Amerigo Vespucci sullo scalo dei Cantieri di Castellammare di Stabia, 22 febbraio 1931

Alla folla accorsa con tutti i mezzi allora disponibili per assistere al “Battesimo del mare”, l’unità sullo scalo, per forma e numero di alberi, dovette sembrare una delle ultime fregate a vela costruite nel cantiere borbonico. Lo scafo, però, non era più di legno, ma di lamiere d’acciaio inchiodate a caldo alle costole del fasciame, secondo una tecnica allora modernissima e mantenuta in vita nei decenni fino ad oggi proprio per le esigenze di manutenzione e restauro del Vespucci. In acciaio erano anche i tronchi maggiori dei tre alberi e del bompresso sui quali vengono issate ancora oggi le vele nella tradizionale tela olona; modernissimo anche il motore, mentre tradizionali rimanevano – e rimangono – tutte le manovre, eseguite rigorosamente a mano.

Tra la folla che partecipò all’evento c’erano anche i fotografi e i cineoperatori dell’Istituto Luce, che ripresero la cerimonia, dall’arrivo della madrina Elena Cerio (figlia poco più che ventenne del Capitano di Vascello Oscar Cerio, comandante del cantiere) fino all’inchino al mare della nave che, al momento del varo, non presentava ancora la caratteristica bicromia, applicata poi durante la fase dell’allestimento.

Giornale Luce A n. A0739, Castellammare di Stabia, il varo della nave scuola Amerigo Vespucci, 2/1931

Il Vespucci fu pronto a svolgere la sua attività nell’estate di quello stesso anno quando, insieme al Colombo, col quale formava la Divisione Navi Scuola, partì per la sua prima campagna d’istruzione, agli ordini dell’Ammiraglio Domenico Cavagnari, Comandante dell’Accademia Navale di Livorno. Al ritorno dalla crociera, il 15 ottobre 1931, la nave ricevette a Genova la bandiera di combattimento.

Giornale Luce A n. A0873, La nave scuola Amerigo Vespucci a Genova, 10/1931

Dalla sua entrata in servizio, l’unità ha svolto attività addestrativa per gli allievi dell’Accademia di Livorno ogni anno, con le uniche eccezioni del 1940, a causa dell’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, e degli anni 1964, 1973, 1997, 2014 e 2015, quando la nave è stata sottoposta ai lavori di manutenzione straordinaria. Neanche il Covid, nell’anno appena trascorso, gli ha impedito di compiere la Crociera d’istruzione per gli allievi.

Il Vespucci, insieme al Colombo, ha assolto la sua funzione formativa anche durante la guerra, istruendo, nelle campagne dal 1941 al 1943 nelle acque adriatiche insidiate dai sommergibili britannici, classi di giovani allievi, passati nel 1943 sulle navi grigie o nei comandi a terra.

Foto Reparto Guerra, Le navi scuola Cristoforo ColomboAmerigo Vespucci ormeggiate nel porto di Venezia, settembre 1940

La quasi totalità degli Ufficiali di Marina italiani degli ultimi novanta anni, quindi, ha compiuto sul Vespucci il primo imbarco, ricevendo il battesimo del mare e tutte le istruzioni fondamentali a diventare marinai e condottieri. Una tradizione, quella di formare i comandanti di domani sulle navi a vela, che questo veliero ha il compito di portare avanti nel futuro.

Come disse l’Ammiraglio Agostino Straulino, il più famoso comandante del Vespucci, nonché campione di vela olimpico,

solo chi non va per mare si chiede […] a che serve un veliero ottocentesco per formare ufficiali di Marina nell’epoca dei missili e dei sottomarini nucleari […] Si dispone di strumentazione di bordo che un tempo ci sognavamo, ma l’importanza è che non si smarrisca la capacità di cavarsela in mare con le proprie conoscenze e le proprie capacità […] Nel mare, nelle sue onde, nel suo vento, bisogna saper leggere sempre un po’ di quello che accadrà nel futuro. Nel futuro immediato.

In occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960 il Vespucci fu il “primo tedoforo” italiano.

Caleidoscopio Ciac, n. C1239 del 25 agosto 1960 (sonoro), Siracusa, arrivo della fiaccola olimpica

L’unità della Marina Militare, infatti, ebbe il compito di trasportare la “sacra torcia” da Atene – dove giunse da Olimpia attraverso la classica staffetta via terra – fino a Siracusa, da cui proseguì in “forma tradizionale” verso Roma. L’avventura olimpica del Vespucci iniziò la notte del 13 agosto quando la fiaccola, raggiunto il porto di Zéas, fu prelevata da un cadetto dell’Accademia Navale di Livorno e trasportata, per mezzo di una baleniera ellenica, sulla nave scuola italiana. Con il fuoco della fiaccola venne acceso, sul cassero del veliero, un tripode, la cui fiamma fu vegliata giorno e notte, a turno, dal personale di bordo. Il Vespucci fece ingresso nella rada di Siracusa il 18 agosto alle 20.30, scortata da due corvette. La fiaccola usata dalla nave scuola italiana per portare la fiamma olimpica è conservata a bordo, nell’atrio d’accesso alla Sala Consiglio.

Nave scuola, ambasciatrice culturale e palestra professionale, il Vespucci è espressione e custode dell’antica cultura marinara mediterranea. Luogo di viva memoria di scienza ingegneristica, tecnica costruttiva e design italiano, nonché di gesti, linguaggi e tradizioni, è un bene culturale galleggiante complesso che costituisce, raccoglie e salvaguarda un patrimonio tangibile e immateriale fatto di antichi saperi della cultura marinara italiana.

Il Vespucci è l’unità più anziana in servizio della Marina Militare ma, al contempo, è la più giovane, grazie al suo equipaggio di allievi che si rinnova ogni anno e che, quindi, ha «sempre vent’anni».

Ma il Vespucci è veramente la nave più bella del mondo? L’Ammiraglio Straulino, ormai novantenne, rispose a questa domanda con queste parole, che bene sintetizzano l’essenza e la percezione di questo mito mondiale del mare:

È difficile dire perché. Per i suoi colori, per l’alberatura che ha, per il castello, per il tipo di barca. Per la grande suggestione che suscita. Per il richiamo così esplicito alle navi di un tempo… Perché evoca, e porta con sé, una tradizione, una cultura straordinaria. La bellezza e la suggestione della Vespucci la vedevamo specialmente riflessi negli sguardi ammirati dei visitatori. Vedere specialmente tutti gli italiani all’estero che vengono a bordo e salutano la bandiera, come si salutava una volta. È una cosa che commuove…

<br>DESIRÉE TOMMASELLI

DESIRÉE TOMMASELLI

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