di Fabio Rossi
Caio Mario Garrubba appartiene a quella generazione di fotografi che negli anni del dopoguerra hanno contribuito a farci conoscere il mondo, soprattutto quello del socialismo reale, con i suoi servizi fotografici dall’Unione Sovietica, Polonia, Ungheria, Repubblica democratica tedesca, Mongolia e Cina.
Fu proprio il suo amico e scrittore Goffredo Parise[1] a definirlo «il fotografo del comunismo», specificando però in seguito «del comunismo della speranza, non quello reale»[2].
Garrubba era infatti attirato, per la sua “arte documentaria” e di fotogiornalismo, soprattutto dai paesi dell’Est, oltre la Cortina di ferro dove era più difficile penetrare e fotografare liberamente.
«Scavò tra le malinconie individuali e collettive degli orti socialisti»[3] queste le parole con cui Ermanno Rea identifica la sua poetica, il suo percorso umano di fotografo “nomade” e indipendente, un acuto osservatore della società, un maestro della fotografia “umanista” intesa come mezzo di impegno sociale.
Nel 1959 Garrubba chiese e ottenne da Maria Antonietta Macciocchi, direttrice della rivista «Vie Nuove» e legata al Partito Comunista Italiano, il visto per la Cina in occasione del decimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Fu il secondo fotoreporter, dopo Henry Cartier-Bresson, a varcare le sue frontiere su un treno della transiberiana, visitando la Cina per circa quaranta giorni, da fine settembre a metà novembre del 1959.

Il fondo Mario Caio Garrubba, acquisito nel 2017 dall’Istituto Luce Cinecittà, riconosciuto fondo archivistico di particolare interesse dalla Soprintendenza Archivistica del Lazio nel 2019, consiste di circa 40.000 negativi, 60.000 diapositive e in alcune stampe vintage e di lavoro. Garrubba ha esercitato la sua carriera di fotoreporter tra i primi anni Cinquanta e il Duemila.
La serie Cina di Garrubba è composta complessivamente di 4198 foto, divise in 125 rullini[4].
Il materiale, a una prima analisi, risultava essere organizzato in maniera disomogenea, perché non vi era consequenzialità dei soggetti raffigurati rispetto alle tappe del viaggio. Ciò potrebbe avere varie spiegazioni, non sappiamo il modo in cui le fotografie sono state conservate, cioè se ci sia stata o meno una volontarietà da parte del fotografo nella gestione del proprio archivio, quanto la pratica quotidiana abbia inciso su questa modalità di organizzarlo e, non ultimo, quanto questo sia stato maneggiato o manomesso dopo la sua morte con l’intenzione di utilizzare le sue foto per qualche particolare evento, ad esempio per la realizzazione di una mostra fotografica e relativo catalogo.
Nella prima fase di inventariazione del materiale fotografico sono stati individuati e fedelmente catalogati i servizi fotografici. Successivamente con lo studio e l’analisi delle foto e una attenta ricerca bibliografica[5], è stato possibile ricostruire le tappe fondamentali del viaggio di Garrubba in Cina: Pechino, Xi’an e le città attraversate dal Fiume Azzurro (Yangtze), Chongqing, Wuhan, Nanchino e Shanghai[6].
Come si è già accennato, Garrubba arriva a Pechino nei giorni che precedono i festeggiamenti del decimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese[7]. La celebrazione principale di questa ricorrenza avvenne nella grande distesa di piazza Tienanmen nella giornata del 1 ottobre 1959, alla presenza di tutte le autorità nazionali e internazionali, con una grande parata militare, seguita da un corteo di operai, contadini, studenti e atleti e da una folla infinita di cinesi festanti. Le cronache dei media riportano circa 700.000 persone.
Le foto di Garruba ci raccontano la grande storia di quei giorni attraverso molti eventi: la riunione celebrativa nella Grande sala del popolo (costruita per l’occasione da volontari comunisti in soli dieci mesi) con circa 10.000 partecipanti, alla presenza di numerose delegazioni internazionali in rappresentanza di partiti e di governi comunisti; i festeggiamenti serali, sempre in piazza Tienanmen, con balli e fuochi d’artificio (e a questo riguardo è famosa la foto della ragazza che si abbandona al ballo con gli occhi chiusi e sognanti; gli spettacoli ginnici e la partita di calcio Cina-Russia allo stadio dei Lavoratori di Pechino (inaugurato proprio in questa occasione, il 3 ottobre 1959); l’arrivo di Krusciov il 30 settembre del 1959, accolto da Mao all’aeroporto di Pechino, dove pronuncia il suo primo discorso dopo l’atterraggio.
Mao Tse-tung Kruscev e Mao Tse-tung Liu Shaoqi, Zhou Enlai e Dong Biwu
Particolare la foto dei due statisti ripresi di spalle, forse perché, come dice lo stesso Garrubba in una intervista a Manuela De Leonardis «le persone importanti che ho fotografato mi stavano sempre antipatiche»[8].
Ma il tratto distintivo di Garruba è il suo modo di raccontare i luoghi della vita pubblica e del quotidiano, di catturare le emozioni e i più reconditi sentimenti delle persone attraverso quella fotografia proprio da lui definita “la stradale”, una fotografia scattata per strada, di strada, in strada e che rappresenta la sua visione street del mondo, il proscenio naturale delle sue opere principali e del suo impegno sociale come fotografo neorealista e umanista.
Con la sua Laica o Rolleiflex ha fermato istanti di apparente normalità, ma intrisi di pregnante significato, «immagini di un’intuizione», come magistralmente le definì lo stesso Garrubba e che hanno al tempo stesso un grande valore a livello documentale e di reportage. «È necessario, assolutamente necessario che questo attimo, l’attimo dello scatto e della presa di conoscenza, sia un attimo-emozione… come se l’obiettivo fosse l’occhio e i suoi stimoli e i suoi prolungamenti immediati al cervello, al cuore e ai sensi»[9].
E così Garruba ci offre una panoramica a trecentosessanta gradi sulla Cina di Mao; entra nei parchi antichi dove si pratica il taijiquan, visita mercati, porti, stazioni, templi buddisti, case private, teatri tradizionali, scuole d’infanzia, di danza classica, università, sale da tè, mense aziendali e locali pubblici, botteghe e negozi… scatta numerose fotografie dalla stessa posizione, come nel caso di un incrocio a Shanghai, dove dall’alto, probabilmente da una terrazza, immortala i passanti nel loro fare quotidiano, in un insieme dinamico di immagini. Un’altra testimonianza del suo metodo street di operare, che ne ha fortemente caratterizzato l’intera produzione, produzione, immagino, peraltro condizionata dal controllo del regime.
Città brulicanti di biciclette, risciò, carretti per il trasporto delle povere merci, filobus urbani, treni, a cui si alternano le caratteristiche pagode della Città Proibita di Pechino, con i bellissimi tetti in ceramica, i palazzi storici del Bund di Shanghai e le movimentate imbarcazioni, chiatte e Sampan, che solcano il fiume Huangpu.


Le sue immagini ci raccontano i molteplici aspetti della realtà cinese in pieno “Grande balzo in avanti”, l’ambizioso progetto maoista che consisteva in uno sviluppo rapido e parallelo di agricoltura e industria. Nelle foto scattate a Wuhan ritroviamo le tracce di questo importante passaggio storico con la corsa frenetica all’industrializzazione, il lavoro negli impianti siderurgici e negli altiforni delle acciaierie, mentre quelle scattate nei pressi di Nanchino, raccontano la Cina della collettivizzazione agricola delle Comuni popolari, dove vengono coinvolti anche gli studenti – vere e proprie “squadre di produzione” – nella raccolta delle radici di riso.


Altri segni tangibili di questo impeto e di questa auspicata trasformazione economica, li riscontriamo anche nelle grandi esposizioni agricolo-industriali che si tennero nelle principali città come Pechino e Shanghai, dove si percepisce la volontà di pianificare lo sviluppo economico e industriale. Qui troviamo in mostra plastici di complessi industriali in costruzione, turbine e apparati per la produzione di energia, ma anche sementi per le coltivazioni agricole.
Ma il suo occhio catturò in profondità anche molti aspetti di quella feroce condizione umana di miseria e povertà nella Cina comunista. La fame, la fatica, la lotta per la sopravvivenza, la difficoltà del vivere quotidiano, immagini che rappresentano un mondo ricco di contrasti tra idealismo e dura realtà. Al riguardo sono significative le foto di operai, contadini, pescatori e scaricatori nei porti, con i volti e gli sguardi segnati da una enorme sofferenza e al tempo stesso pieni di speranza di riscatto sociale e di giustizia, riflesso dell’ideologia maoista. Peraltro fotografie scattate sempre con delicatezza e rispetto.
Infine Garruba ci racconta tutte quelle attività antropiche sul fiume con impareggiabile maestria: gli scenari brumosi del Fiume Azzurro, con uomini, donne e ragazzi che si accalcano sui pontili dell’imbarcadero di Chongqing; il lavaggio del carbone nei pressi di Shanghai; le partenze e gli arrivi dei battelli, forse per una gita alle Tre gole dello Yangtze nella provincia di Hubei; il trasporto fluviale di grossi tronchi; gli arsenali dove si costruiscono le tradizionali barche in legno; il carico e lo scarico delle merci; il “primo ponte di Wuhan”, inaugurato nel 1957, che consente il transito di veicoli stradali e treni da Pechino a Canton; la costruzione del ponte ferroviario Baishatuo sempre a Chongqing.
Un grande affresco della Cina di Mao nel 1959.
La selezione delle foto, per scelta personale e come omaggio a Caio Mario Garrubba, sono in gran parte tratte dalla sua raccolta di foto contenute nel volume I cinesi del 1969.
[1] Archivio Storico Istituto Luce, Caleidoscopio Ciac C1776, Obbiettivo sulla cronaca – Milano – Presentato il volume “Cara Cina”, Intervista all’autore, Goffredo Parise, 03/11/1966.
[2] Intervista di M. De Leonardis a C. M. Garrubba, Festival Internazionale di Roma, 2005.
[3] E. Rea, 1960. Io reporter, Roma, Feltrinelli, 2012, p. 36.
[4] Il servizio di conservazione e acquisizione digitale del reparto fotografico dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce Cinecittà, a cura di Emiliano Guidi, ha provveduto a redigere un inventario seguendo le informazioni della moglie Ala che aveva gestito l’archivio dopo la morte del marito.
[5] C. M. Garrubba, I Cinesi, testo di Goffredo Parise, Milano, Diaframma, 1969; C. M. Garrubba, I cinesi nel 1959, testo di Goffredo Parise (da I Cinesi, Milano, Diaframma, 1969) e Tatiana Agliani, Cinisello Balsamo, Milano, 2017; G. D’Autilia, E. Menduni (a cura di), Lontano – Caio Mario Garrubba fotografie, Roma, Contrasto, 2019.
[6] Le foto sono state organizzate in fascicoli corrispondenti alle diverse tappe del viaggio, con i relativi servizi fotografici tematici identificati.
[7] 1959 China National Day 《庆祝建国十周年》 – Video delle celebrazioni del 10º anniversario.
[8] Intervista di M. De Leonardis a C. M. Garrubba – Festival Internazionale di Roma, 2005.
[9] C. M. Garrubba, I Cinesi, testo di Goffredo Parise, Milano, Diaframma, 1969, p. 4.
