IL DOCUMENTARIO “LA BATTAGLIA DALL’ASTICO AL PIAVE”: TRA LE PIEGHE DI UN RESTAURO E OLTRE

a cura di Andrea Scappa

Nella mattina del 25 novembre 2021 a Roma, al Cinema Moderno – The Space, è stato presentato e proiettato il documentario La battaglia dall’Astico al Piave, realizzato dal Regio esercito italiano nel 1918. La pellicola ripercorre i principali avvenimenti che, tra il 14 e il 30 giugno di quell’anno, hanno determinato gli esiti della seconda battaglia sul Piave. Alcuni dei momenti filmati sono il volo su Vienna guidato da Gabriele D’Annunzio, la resa degli Austro-Ungarici e l’annuncio della vittoria da parte del generale Armando Diaz.

Il documentario è stato oggetto di un articolato progetto di restauro, finanziato dal Ministero della Cultura e approvato dal Comitato tecnico-scientifico speciale per la tutela del patrimonio storico della Prima Guerra Mondiale attraverso il bando 2020, che ha visto selezionati 14 progetti tra i 122 pervenuti da soprintendenze, archivi, biblioteche, comuni, associazioni, enti di ricerca, studiosi e varie altre istituzioni.

Con la direzione scientifica di Simone Venturini il gruppo di ricerca del Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine ha realizzato la ricostruzione filologica e il restauro di materiali presenti in diversi archivi. Hanno collaborato all’impresa Archivio storico Luce, Cineteca del Friuli, Cineteca Milano, Kinoatelje, Lobsters Films e Museo nazionale del cinema.

Dopo l’introduzione di Daniele Ravenna, Consigliere del Ministro della Cultura e di Nicola Bonaccini, Consigliere del Ministro della Difesa, a parlare del lavoro effettuato sono intervenuti Patrizia Cacciani dell’Archivio Storico Luce e Simone Venturini dell’Università di Udine.

Daniele Ravenna ha sottolineato l’importanza che la legge 78 del 2001 detiene per una corretta, adeguata ed efficace analisi e valorizzazione del patrimonio della Grande Guerra. Ha affermato: «Venticinque anni fa, quando cominciò la riflessione che ha condotto alla legge, la situazione si presentava frastagliata. Tra i cultori della materia continuava ininterrotta l’attenzione allo studio della prima guerra mondiale, con numerose pubblicazioni. A livello locale, nei luoghi dove la guerra è stata combattuta, c’era interesse e c’erano iniziative, ma sporadiche, eterogenee e prive di sistematicità per salvare tracce e “vestigia” della prima guerra mondiale con interventi affidati più che altro a un volenteroso volontariato. Da parte delle istituzioni non si sapeva bene come considerare queste cose. Nel contempo sparivano i testimoni diretti, ma anche le lapidi in ricordo dei caduti, presenti in tutta Italia, che venivano tolte in seguito a lavori di rifacimento urbanistico. Ecco che allora nasce alla Camera e al Senato l’esigenza di fare questa legge, una legge che definisce un quadro di principi per la salvaguardia di questo patrimonio, anzitutto identificandolo e dicendo che è un patrimonio storico che deve essere tutelato secondo precisi criteri. Un patrimonio che va tutelato perché è testimonianza storica, senza alcuna implicazione ideologica. Spetta agli storici, alla riflessione comprendere, giudicare qual è il significato storico di queste testimonianze, queste testimonianze vanno salvaguardate in quanto documenti».

Patrizia Cacciani, prendendo il testimone di Livio Jacob della Cineteca del Friuli che non è potuto essere presente, ha sottolineato il ruolo fondamentale della Cineteca, con la sua esperienza maturata, fin dalla fine degli anni Ottanta, nel raccogliere e riunire in un apposito fondo film sulla Grande Guerra, per la maggior parte documentari. Infatti la Cineteca per il progetto su La battaglia dall’Astico al Piave non si è limitata a mettere a disposizione i propri materiali, ma ha attivato tutte le proprie relazioni con gli archivi, italiani ed esteri, che si sapeva essere in possesso di parti del documentario.

L’obiettivo è stato dunque di ricostruire l’edizione italiana del 1918 che circolava nelle sale e nei teatri italiani fin dal luglio di quell’estate, partendo dall’attestazione storica di avere quattro versioni almeno disponibili: una versione italiana del luglio 1918, una francese dell’agosto dello stesso anno, una successiva italiana del 1927 circa e una versione ridotta, scozzese, attestata ma non ritrovata, che durava circa la metà e sempre risalente al 1918.

Simone Venturini per inquadrare il tipo di prodotto filmico con cui il gruppo di lavoro si è dovuto confrontare, prende in prestito quello che Alessandro Faccioli scrive sul suo volume Visioni della Grande guerra. Immagini sopravvissute, ritrovate, riutilizzate: «Buona parte dei filmati italiani girati durante la Grande Guerra è andata perduta. L’impatto che abbiamo con le immagini superstiti, spesso sbriciolate in nuovi contenitori filmici, che poco hanno a che vedere con gli originali, è lo stesso di quando ci troviamo di fronte a un edificio o a un monumento tardo medievale costruito con pietre d’antichità spostate, riutilizzate, ricombinate. Ne intuiamo la provenienza, ma stentiamo a immaginarci la forma dell’antica costruzione da cui provenivano».

Anche a La battaglia dall’Astico al Piave tocca questa sorte e non è un caso che sia rintracciabile negli archivi spesso in forma di frammenti contenuti in altri film. Si ritrovano parti del documentario ne L’altro esercito del 1917, Esistere e Ingresso degli italiani a Trento e Rovereto, entrambi del 1918, ma anche in film del dopoguerra, negli anni Venti e Trenta, come Dio segnò i confini dell’Italia, Guerra nostra, Il Piave mormorò e poi Gloria.

Per la ricostruzione del testo il gruppo di lavoro ha adottato un metodo filologico basato su un paradigma indiziario, un lavoro di detection, di studio delle tracce concrete sui materiali e di ogni singolo censimento, sulla loro comparazione e sulla costruzione di un vero e proprio albero genealogico. Una metodologia applicata in maniera endogena sui film, sui materiali a disposizione, ma anche in maniera esogena, cioè un affondo e un confronto con fonti primarie di inestimabile valore e importanza individuate da altri studiosi in precedenza.

In tal senso il percorso è stato interdisciplinare. Numerosi materiali non filmici hanno sostenuto e convalidato il restauro e la ricostruzione: bollettini (Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia) e riviste («The Bioscope», «Kinema», «Il mattino illustrato», «Giornale del Mattino», «Il Resto del Carlino») che attestano il passaggio del film tra il 1918 e il 1933 in diversi paesi e città, ma anche documenti da archivi militari, musei (Museo centrale del Risorgimento), libri, diari (come i diari del capitano Maurizio Rava e del tenente Luigi Marzocchi) e fotografie degli stessi eventi scattate dai fotografi del Regio Esercito Italiano.

Il restauro compiuto è di tipo conservativo, cioè sono stati eliminati i graffi ed emendati gli errori di copia, ma mantenuti i “difetti”, i limiti dello stato della tecnologia del tempo o ciò che era già impresso su pellicola nel momento in cui è stata proiettata. In relazione al colore, che è una parte importante del film, ci si è affidati alla diagnostica del pigmento presente e ad un lavoro sui cataloghi d’epoca.

Quella che è stata presentata è la versione italiana de La battaglia dall’Astico al Piave del luglio 1918, circolata nelle sale e di cui sono stati recuperati 1170 metri sui 1255 metri originali. Ha una durata di 57 minuti e un accompagnamento musicale registrato, lo stesso che è stato suonato dal vivo in occasione della proiezione in anteprima del film all’ultima edizione del festival Le Giornate del Cinema muto, a Pordenone nell’ottobre scorso. La proiezione del film riveste un carattere di grande importanza: il bene culturale, di alto valore storico, artistico, archivistico e bibliografico, viene restituito.

Peraltro, a breve, ci sarà la possibilità di ulteriori integrazioni perché grazie al gruppo di lavoro sono stati identificati sia nel patimonio del Library of Congress che in quello della Cineteca nazionale ulteriori piccoli frammenti del film. Questi frammenti rappresentano una controprova per il lavoro di ricostruzione, dato che si inseriscono perfettamente nel tracciato filmico, sempre più vicino alla durata effettiva del film come comparso nelle sale italiane.

Venturini ha concluso la sua presentazione, ribadendo quanto quello che sarebbe stato proiettato di lì a poco sia solo la punta di un iceberg. Per tale ragione il gruppo di lavoro intende dare visibilità al “corpo nascosto” dei materiali attorno e connessi al film. La volontà è di realizzare in futuro un’edizione espansa, sotto forma di piattaforma interattiva, un’edizione critica digitale chiamata per il momento “Diario di una battaglia”, che sta ad indicare anche la battaglia scientifica e divulgativa che innerva il progetto. Si arriverà perciò allo sviluppo di un prototipo, un modello che possa portare il film al di là del lavoro storico e della sala.

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