a cura di Andrea Scappa
Il 20 maggio è stata inaugurata la mostra Chi è di scena! 100 anni di spettacoli a Ostia antica (1922-2022), realizzata dal Parco Archeologico di Ostia Antica in collaborazione con Electa, che ne ha pubblicato anche il relativo catalogo. Hanno introdotto il percorso espositivo, visitabile fino al prossimo 23 ottobre, i curatori Alessandro D’Alessio, direttore del Parco Archeologico di Ostia Antica, Alberto Tulli, responsabile dell’Ufficio Valorizzazione, e Nunzio Giustozzi, archeologo, docente e storico dell’arte.
L’obiettivo della mostra è di raccontare un secolo di proposte spettacolari all’antico teatro ostiense, a partire dalle rappresentazioni teatrali, quelle del 1922, la prima del 21 aprile e la replica del 9 maggio, che vedono i ragazzi della scuola elementare di Ostia cimentarsi nella commedia Aulularia di Plauto. Queste messinscene inaugurano il riutilizzo del teatro, fortemente voluto dall’illuminato direttore dell’epoca, Guido Calza, che negli anni successivi è stato artefice delle ricostruzioni e delle anastilosi del monumento. Dopo cent’anni, nel giorno dell’inaugurazione della mostra e in quelli successivi, lo spazio del teatro ha accolto gli studenti dell’Istituto Comprensivo “A. Fanelli-F. Marini” di Ostia Antica, protagonisti dell’Aulularia e dell’Antigone di Sofocle, e i ragazzi del Liceo classico “Anco Marzio” di Ostia Lido, che invece hanno scelto di recitare la tragedia greca Elettra. Le recite, oltre a celebrare quelle di un secolo prima, simboleggiano anche un nuovo corso del Parco Archeologico di Ostia, che per la prima volta organizza una mostra di queste dimensioni e di argomento non prevalentemente archeologico e che si accinge a intraprendere a breve un importante progetto di restauro e conservazione del monumento.

La mostra si sviluppa all’interno di quattro moduli progettati appositamente da Stefano Boeri Architetti nei quattro fornici orientali del teatro, seguendone e prolungandone le volte in muratura. Nelle strutture, che resteranno a disposizione del Parco per futuri percorsi espositivi, immaginate quasi come stanze delle meraviglie e arsenali delle apparizioni, vengono presentati manifesti, maquettes, foto, filmati, ritagli di giornale, bozzetti di scena, costumi e diversi altri documenti. La varietà e la ricchezza del patrimonio esposto è frutto della ricerca effettuata e della disponibilità dei numerosi archivi coinvolti, tra cui quelli della Biblioteca Museo Teatrale SIAE, dell’INDA, dell’Archivio Luce-Cinecittà, dell’Opera di Duilio Cambellotti, nonché di collezionisti privati.
I curatori, nel costruire l’intinerario della mostra incentrata su una storia lunghissima, hanno deciso di concentrarsi su alcune delle rappresentazioni più significative, allestite in un intervallo temporale che va dal 1922 al 1949, scegliendo in particolare i progetti scenici di Duilio Cambellotti, a cui sono dedicati due moduli, e di Mario Sironi. Del resto Duilio Cambellotti costituisce per vent’anni, tra la fine degli anni Venti e la fine dei Quaranta, con la sua visione artististica un vero e proprio deus ex machina degli spettacoli di Ostia.

Così abbiamo le prime messinscene del 1927 e del 1928, I sette a Tebe di Eschilo, l’Antigone di Sofocle, Le nuvole di Aristofane che arrivano dall’INDA ad Ostia. In quell’occasione Duilio Cambellotti riadatta la sua scenografia agli spazi del teatro romano, meno ampi di quelli di Siracusa, e in mostra è possibile osservare la maquette originale, realizzata per uno di questi allestimenti. L’altro spettacolo di cui si dà conto è il Giulio Cesare di Enrico Corradini, opera di stampo ideologico andata in scena nel teatro antico di Taormina nella primavera del 1928 prima di approdare al teatro ostiense. I documenti restituiscono appieno l’identità visiva dell’intero progetto: il manifesto con Cesare che guada il Rubicone, i figurini dei vari personaggi, le foto in monocromo azurro del programma di sala e i cosiddetti raggruppamenti che Giustozzi definisce come «tavole pittoriche da graphic novel in cui Cambellotti costruisce i movimenti di scena, dell’azione, i dialoghi con figure connotate da gesti molto concitati. Cambellotti usa matite grasse e lavature che rendono i chiaroscuri della vicenda».


Nell’altro fornice invece risultano preminenti le creazioni, sempre di Cambellotti, per I Menecmi di Plauto e Gli uccelli di Aristofane, rispettivamente del 1938 e del 1947. Dalla rappresentazione de I Menecmi, in cui tra gli attori troviamo Luigi Almirante, cominciano ad essere sempre più importanti nell’azione i cori danzanti ideati da coerografe, come Tusnelda Risso Strub e Ada Franellich. Di queste danze c’è traccia anche in alcune fotografie che Adolfo Porry Pastorel nel 1927 scatta in alcuni luoghi di Ostia Antica: il tempio di Cerere, il piazzale delle Corporazioni e il Capitolium. Per Gli uccelli del 1947, di cui possiamo ammirare i bozzetti, i costumi, alcuni elementi dell’apparato scenico, Cambellotti inventa una scenografia aerea, leggera, una specie di teatro di verzura, con siepi, voliere, legnetti e costumi dai colori sgargianti, quasi un invito a ritornare alla vita con la fine della seconda guerra mondiale.


L’isola espostiva che riguarda Mario Sironi si lega al suo lavoro nel 1949 per due opere di Euripide, la Medea, interpretata da Sarah Ferrati, e il Ciclope. La scenografia diventa progressivamente più minimale e l’attenzione si sposta sui costumi. Quelli del Ciclope che sembrano richiamare visivamente le avanguardie, il Bauhaus, Mondrian, e che producono un effetto straniante rispetto alle architetture del teatro, testimoniano anche un passaggio determinante nel linguaggio artistico di Sironi che negli anni Cinquanta è meno figurativo e più contemporaneo.

Nell’ultimo fornice attraverso un video e in maniera più approfondita nei saggi del catalogo viene dato ampio spazio poi alle stagioni successive del teatro di Ostia antica, dalla metà del Novecento fino ai giorni nostri, che hanno visto avvicendarsi i vari linguaggi artistici, il teatro, la danza, la musica a livello nazionale e internazionale.