di Fabrizio Micarelli*
È il 2017 e al Liceo “Dante” di Firenze, in un sottoscala angusto e nascosto, vengono rinvenute 139 pellicole. Marco Benvenuti, professore dell’Università di Firenze, ex studente dell’Istituto e membro dell’Associazione “Amici del Dante” comunica la scoperta a Barbara Zonetti, una nostra ex collega ora all’ICPAL (Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro) e si arriva così all’Archivio Storico Luce.
Presumendo l’importanza del ritrovamento e la datazione delle pellicole cinematografiche, ci mettiamo subito in contatto con la scuola e ci organizziamo per andare a prelevare i materiali scovati. Con tutte le misure di sicurezza, che nei casi di presenza di nitrati (pellicole altamente infiammabili) sono necessarie, riusciamo una mattina di aprile del 2017 ad intervenire per portare in sicurezza nei nostri cellari le pellicole.

Da allora non senza qualche difficoltà, tra rinvii ed emergenze varie (situazione pandemica compresa), abbiamo portato avanti il lavoro di riconoscimento e digitalizzazione dei soggetti terminato recentemente.
Il fondo è quasi interamente costituito da copie positive (da proiezione) in nitrato (infiammabili) in formato 35mm di soggetti Luce muti dei primi anni Venti, con la particolarità della colorazione (imbibizione).
Del fondo poi fanno parte anche alcuni documentari appartenenti alla Natura Film di Milano, casa di produzione specializzata nella divulgazione di pellicole destinate alle scuole di cui al momento non abbiamo prova dell’esistenza in altri archivi.
Tra inediti e differenti edizioni di quanto già abbiamo nel nostro Archivio, quindi, ne emerge un quadro assolutamente interessante. Infatti le 139 pellicole ritrovate risultano così ripartite:
· 125 dell’Istituto Nazionale Luce
· 11 della Natura Film Milano
· 1 dell’Istituto Italiano Proiezioni Luminose/Gaumont
· 2 altre produzioni
Queste pellicole in titoli (di uno stesso titolo ne esistono più copie o un titolo comprende più di una pellicola) si traducono in:
· 98 dell’Istituto Nazionale Luce di cui 26 non presenti nel nostro inventario fisico
· 11 della Natura Film Milano non presenti nel nostro inventario fisico
· 1 dell’Istituto Italiano Proiezioni Luminose/Gaumont non presente nel nostro inventario fisico
· 2 altre produzioni non presenti nel nostro inventario fisico
Conseguentemente sono state scartate 40 pellicole (brutte copie di titoli già presenti nell’Archivio Storico Luce) e lavorate 99.

Il lavoro in laboratorio, quindi, è stato costituito essenzialmente di queste fasi:
1. Identificazione e riconoscimento dei titoli e loro confronto con banca dati dell’Archivio Storico Luce
2. Restauro fisico delle pellicole
3. Cambio scatole e inventariazione (per conservazione a lungo termine)
4. Digitalizzazione
1. Identificazione e riconoscimento dei titoli e loro confronto con banca dati dell’Archivio Storico Luce
Poche erano le informazioni presenti sulle scatole in gran parte arrugginite e senza etichette, tranne per alcune che riportavano la dicitura «Istituto Nazionale Luce». Da questo, ma soprattutto dai titoli presenti sulle stesse pellicole, siamo partiti per il riconoscimento dei soggetti confrontandoli con quanto già presente nella nostra banca dati. E il risultato di questo confronto è stato sorprendente. Infatti, ben 26 di questi titoli di produzione Luce non hanno riscontro nel nostro inventario. Sono da considerarsi, quindi, copie ritrovate finora mancanti nel nostro archivio. Per gli altri soggetti, invece, si tratta, piuttosto, di edizioni diverse di quanto già presente in inventario.



2. Restauro fisico delle pellicole
Per le nuove generazioni una pellicola cinematografica è un nastro perforato su uno o due lati, oppure al centro a seconda del formato (8mm, 9,5mm, 16mm, 35mm, 70mm), la cui parte sensibile alla luce (emulsione) è un composto a base di sali d’argento, mentre il supporto era fin dalla nascita del cinema in celluloide (nitrato di cellulosa) altamente infiammabile. La pellicola cinematografica contiene, quindi, una serie di immagini fotografiche orizzontali (fotogrammi/frame), risultanti appunto nello strato di emulsione fotosensibile, che possono essere proiettate in successione tramite un proiettore cinematografico.
Lo stato fisico chimico delle pellicole del fondo del Liceo “Dante” è per la maggior parte in buone condizioni, malgrado il luogo di conservazione non fosse esattamente quello consigliato dagli standard internazionali. Riuscire a trovare dopo tanti anni pellicole in nitrato così instabili dal punto di vista chimico-fisico ancora svolgibili è stato quindi praticamente un miracolo. Si tratta di copie tutte in 35mm di cui solo poche hanno avuto bisogno di un intervento importante di restauro fisico (perforazioni rotte e giunte da rifare). Gli interventi fisici si sono concentrati essenzialmente su un soggetto in particolare, Ginnastica ritmica (metodo Dalcroze), ridotto molto male. Oltre alla ristrettezza della pellicola infatti, presentava la perforazione per buoni tratti assente, cosa che avrebbe impedito il successivo passaggio della digitalizzazione. Con professionalità e pazienza certosina quindi i nostri tecnici l’hanno ricostruita totalmente.




La particolarità più importante di queste pellicole è, come anticipato, che sono imbibite, cioè colorate. Questa procedura per la colorazione della pellicola già a partire dal 1910 veniva ottenuta attraverso un processo di tintura (o appunto dell’imbibizione) che consisteva nell’immergere la pellicola già sviluppata in un bagno di colore che tingeva omogeneamente le parti più chiare delle immagini mentre quelle più scure rimanevano nere. Si trattava di un processo complementare a quello del «viraggio» che otteneva risultati simili. Spesso, infatti, le due tecniche venivano utilizzate per colorare una stessa pellicola e le ritroviamo insieme anche in alcuni rulli del Fondo Dante. La scelta del colore poi non era casuale, ma dettata da alcune convezioni: di solito si usava il blu per le scene notturne, le tinte più calde in genere per le scene di interni, il rosa invece per le scene romantiche, il verde per scene ambientate nella natura, etc.


3. Cambio scatole e inventariazione (per conservazione a lungo termine)
Le pellicole sono state tutte inserite in nuovi contenitori in polipropilene autoestinguenti e collocate nei nostri cellari dove trovano dimora in massima sicurezza (impianto antincendio e aspirazione forzata), e sorvegliate H24, insieme a tutte le matrici in nitrato della collezione cinematografica dell’Archivio Storico Luce (circa 20.000 scatole).
L’inventariazione dei soggetti, invece, la troviamo nel nostro database DAM (Digital Asset Management) sotto la denominazione Fondo Liceo Dante Firenze, dove ogni rullo originario è portatore di un barcode che lo contraddistingue in maniera univoca all’interno dell’inventario fisico.

4. Digitalizzazione
Il passaggio finale alla digitalizzazione, infine, ha visto tutte le pellicole al nostro Spirit DataCine, telecinema/scanner in grado di convertire pellicole cinematografiche 16mm e 35mm in molti degli standard televisivi ad alta definizione.
Nello specifico i soggetti del Fondo Liceo Dante sono ora conservati tutti in formato MXF (Material eXchange Format).
La conservazione digitale, invece, ha come destinazione fisica il nostro CED.
*Fabrizio Micarelli è Responsabile del Laboratorio filmico e della Conservazione del patrimonio dell’Archivio Storico Luce.