ORIENTE/OCCIDENTE. LA FRONTIERA NEL CINEMA E NELLA STORIA

UN PROGETTO OLTRE IL CONFINE

di Mateja Zorn

Il confine da sempre divide plurimi universi di senso. Separa “noi” da “loro”, il conosciuto dall’ignoto, un popolo da un altro. La travagliata storia dell’Europa insegna però che le frontiere non sono barriere naturali ma spazi inclini al mutamento, che permangono come snodi di passaggio, di scambio e di confronto. Il progetto pluriennale ORIENTE/OCCIDENTE. La frontiera nel cinema e nella storia vuole quindi esplorare, attraverso la multiforme prospettiva delle immagini in movimento, ciò che è stata la vita sul confine italo-sloveno in un periodo di particolare rilevanza storica, politica e sociale.

L’ampia rete di partner testimonia la complessità di un’iniziativa che nel periodo 2022-2025 propone convegni, retrospettive, mostre, produzioni editoriali e audiovisive, opere di restauro e digitalizzazione e attività di formazione, il tutto in collaborazione con istituzioni come l’Archivio storico Luce, il Slovenski filmski arhiv pri Arhivu Republike Slovenije, numerose cineteche slovene, italiane e straniere e diverse realtà cinematografiche del Friuli-Venezia Giulia e della Slovenia (più di 25 enti). Un progetto ambizioso, rilevante anche per il programma GO! Borderless della Capitale Europea della Cultura 2025, che avrà al centro Nova Gorica e Gorizia e la loro visione per accelerare il comune sviluppo verso una città senza frontiere, una città europea di riferimento, propio tramite la cultura.

Il progetto muove i suoi primi passi a partire dall’idea di una retrospettiva cinematografica dedicata al confine tra Italia e Jugoslavia nel periodo 1945-1954, una proposta lanciata dal critico cinematografico Lorenzo Codelli, che subito coinvolge la Cineteca Slovena di Lubiana, La Cappella Underground di Trieste e il Kinoatelje di Gorizia. Non a caso, nel ruolo di capofila del progetto pluriennale si trova l’associazione culturale Kinoatelje, fondata dal sociologo, critico cinematografico e senatore Darko Bratina. L’associazione è attiva dal 1977 in Italia e in Slovenia quale nucleo polivalente per progetti interculturali e transfrontalieri, che all’opera di ricerca e conservazione unisce iniziative promozionali, editoriali, produttive e di formazione. Tra le numerose attività e progetti segnaliamo il festival cinematografico Omaggio a una visione, la produzione di una trentina di film prevalentemente documentari, la pubblicazione Nostro cine quotidiano. Le Gorizie al cinema di Sandro Scandolara e molto altro. Possiamo dire che tutte le nostre iniziative svolgono una funzione di cucitura delle identità e del territorio su entrambi i lati del confine. Assumendo così un valore aggiunto, diventando veicolo del patrimonio culturale e linguistico di un territorio non molto vasto, ma culturalmente vivace e dinamico.

Nell’ambito del progetto ORIENTE/OCCIDENTE. La frontiera nel cinema e nella storia, realizzato grazie al supporto della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e del Ministero della cultura della Republica di Slovenia, il primo convegno, realizzato nel maggio del 2022, ha messo in evidenza la città di Trieste e il concetto del Territorio libero di Trieste, la lotta per il confine e l’avvio della cortina di ferro e della guerra fredda, che oggi appare di nuovo attuale. Nel periodo ’45-’54, sia l’Italia che la Jugoslavia hanno dato vita parallelamente a film e produzioni cinematografiche che, pur documentando gli stessi eventi, li raccontano in un modo completamente diverso. Le proiezioni dei film sono state accompagnate dalle riflessioni di alcuni storici, sociologi e critici cinematografici come Raoul Pupo, Jože Pirjevec, Katja Hrobat Virgolet, Katia Pizzi, Lorenzo Codelli, Alessando Cuk, Gian Piero Brunetta e molti altri.

Il secondo convegno, svolto il 9 e il 10 maggio 2023 a Gorizia e a Lubiana, ha invece trattato l’importanza dei cinegiornali e del materiale d’archivio nella didattica. Ci siamo posti la sfida di riflettere sulle diverse proposte e sui vari tentativi per creare un ambiente di apprendimento innovativo e creativo per insegnare ed apprendere la storia. Al convegno hanno partecipato Paolo Cherchi Usai, Jurij Meden, Paolo Caneppele, Simone Venturini, Borut Klabjan, Dunja Jelenkovič.

In particolare Patrizia Cacciani si è concentrata su alcuni cinegiornali, presenti nell’Archivio Storico Luce, che raccontano dalla prospettiva italiana le dinamiche storiche relative al confine tra Italia e Jugoslavia. Mentre Andrej Šprah ha parlato di come argomenti analoghi vengano trattati nei cinegiornali e poi negli anti-cinegiornali sloveni.

All’interno del progetto ORIENTE/OCCIDENTE. La frontiera nel cinema e nella storia il Kinoatelje, in collaborazione con l’I.S.I.S.S. “G. D’Annunzio – M. Fabiani” di Gorizia, ha realizzato un workshop didattico, condotto da Antonio Dagostin e Lucia Giacomazzi – entrambi frequentanti il DAMS dell’Università di Udine – all’interno del quale gli studenti dopo un’analisi visiva e soprattutto storica delle immagini del fondo No al bilinguismo di Alessio Zerial, custodito presso il Kinoatleje e digitalizzato dal La Camera Ottica di Gorizia, hanno potuto riflettere su cosa resta del confine orientale oggi. È stato così realizzato il video-saggio Lungo il bordo della storia visibile sul sito del progetto.

Il terzo convegno, previsto per maggio 2024, vuole continuare ad approfondire lo sguardo sulle due città di confine, Gorizia e Nova Gorica, tramite proiezioni di film e riflessioni di umanisti, critici cinematografici e storici, muovendosi più al Nord sul confine orientale e arrivando così fino alle produzioni cinematografiche contemporanee, per capire meglio la prospettiva di sviluppo di una città comune tramite le voci catturate per sempre nel prezioso patrimonio cinematografico.

Mateja Zorn

Acquisisce le prime esperienze di produttrice culturale presso il Kinoatelje, dove oggi cura il programma dell’associazione ed è responsabile del festival cinematografico Omaggio a una visione. Da anni è impegnata attivamente nello sviluppo della cultura cinematografica nell’area transfrontaliera di Gorizia e Nova Gorica, dedicando particolare attenzione all’alfabetizzazione mediatica e cinematografica dei giovani. Nell’ambito del programma della Capitale europea della cultura GO! 2025 è alla guida del progetto pluriennale GO Cinema Hub che mira a promuovere e sviluppare, in collaborazione con i numerosi partner, un settore audiovisivo transfrontaliero aperto, stimolante e innovativo.

SUL CONFINE TRA ITALIA E JUGOSLAVIA: I CINEGIORNALI ITALIANI E LA PROPAGANDA

di Patrizia Cacciani

Lo scorso 10 maggio a Lubiana, presso la Cineteca Slovena, sono stati proiettati i cinegiornali delle testate «La settimana Incom» e «Mondo Libero», presenti nel patrimonio dell’Archivio Storico Luce, che esplorano il confine tra Italia e Jugoslavia nel periodo che va dal 1946 al 1953, con particolare attenzione alla Questione di Trieste.

Questi stessi cinegiornali sono stati oggetto di una retrospettiva nel convegno ORIENTE/OCCIDENTE. La frontiera nel cinema nella storia, a maggio 2022, proprio a Trieste.

Si tratta di otto servizi de «La settimana Incom» dal 1946 al 1953 e di un servizio di «Mondo Libero» del 1953. Servizi brevi, come sono quelli di un cinegiornale, fatta eccezione per quello dedicato a Pola del 1947.

I contenuti del patrimonio audiovisivo dell’Archivio Storico Luce sono archiviati in una banca dati organizzata in tre grandi dizionari controllati: antroponimi, tematico, toponimi. Al loro interno sono gerarchicamente organizzati in Dizionari, tra cui quello Storico Politico, all’interno del tematico. La struttura storico temporale internazionale, come nel caso di indagine, è “Dalla fine della guerra al crollo del blocco sovietico (1945-1989)” che, a sua volta, ha gerarchicamente in albero la cronologia interna per nazione. Decisamente più declinato per l’Italia, che in questo specifico è “Italia 1. L’era De Gasperi (1945-1953)” dove il descrittore di riferimento è “Questione giuliana”. Nel fare la ricerca sul nostro sito www.archivioluce.com, nella ricerca avanzata alla stringa temi, con il descrittore “Questione giuliana”, emergono molti documenti filmici e fotografici. Nella tipologia cinegiornali sono 77 le occorrenze, di cui «La settimana Incom» è il numero più consistente, seguito dal «Mondo Libero».

L’analisi delle immagini, del commento sonoro, ci aiuta a comprendere quanto il cinema no fiction abbia svolto una funzione di agente di storia nel suo contemporaneo e svolga ora quella di fonte storico documentaria. E per questo prendere in esame alcuni dei servizi proiettati.
I servizi dei cinegiornali selezionati rispondono perfettamente alle date della Storia sul confine orientale. La propaganda politica nazionale detta i tempi ed i temi del racconto.

Dal 9 marzo al 5 aprile 1946 la Commissione Interalleata è presente a Trieste per la definizione dei confini. L’obiettivo era di studiare la composizione etnica del territorio e proporre una nuova linea di demarcazione. I due primi servizi de «La settimana Incom», 7 e 8 che portano la data di edizione del 1° e del 10 aprile 1946, sono legate alla presenza della commissione: le immagini delle manifestazioni per le vie sono sostenute da un commento sonoro evocativo sulla patria, la nazione ed in particolare sulla lingua italiana.

Il primo governo De Gasperi assume dei provvedimenti che ridefiniscono il calendario civile: con il decreto luogotenenziale del 22 aprile 1946, il 25 aprile venne dichiarato festa nazionale mentre il 1° maggio fu riconosciuto come festa internazionale del lavoro. Trieste fu liberata dai reparti della IV Armata dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia proprio il 1° maggio 1945.

Il 3 luglio 1946 gli USA, la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica accolgono la nota francese per Monfalcone e Gorizia italiana, Trieste diventa un territorio libero sotto il Governo Militare Alleato, Istria e la Dalmazia diventano jugoslave.

Il 10 febbraio 1947 viene firmato il Trattato di Parigi che ridimensiona la provincia di Gorizia, l’Italia perde Zara e Pola. Il trattato entra in vigore il 15 settembre 1947, ma gli Alleati lasciano il confine già a febbraio. «La settimana Incom» 46, numero unico quindi speciale e di approfondimento, dal titolo Pola, addio, viene editato in sala proprio nella data della firma del trattato.

La narrazione visiva e sonora è dolorosa. Sono incessanti le immagini dedicate alle persone, spaventate con particolare intenzione sugli anziani e le donne, che lasciano la città. Il dolore non può che essere che condiviso e fatto proprio. Nulla racconta del fallimento della politica estera italiana a partire dalla conferenza di pace di Parigi dal 29 luglio al 15 ottobre 1946.

I due servizi del 1953, delle due testate sopracitate, sono entrambi editati ad ottobre. «La settimana Incom» 1006 il 21 ottobre, il «Mondo libero» 116 il 31 ottobre.

Nella primavera del 1953 le elezioni politiche videro una flessione della Democrazia Cristiana e Alcide De Gasperi uscì di scena. Il periodo successivo di instabilità politica determinò una riduzione della forza negoziale dell’Italia. Il governo di Giuseppe Pella, che seguì la caduta del governo De Gasperi, tentò di risolvere la questione attraverso due atti: sul campo, inscenò una dimostrazione militare accompagnata dal progetto di un colpo di mano in zona A, fallimentare; a livello diplomatico, comunicò agli anglo-americani la rinuncia alle rivendicazioni sulla zona B e la propria disponibilità ad una spartizione del TLT lungo la linea Morgan. L’8 ottobre 1953 USA e Gran Bretagna emisero una Nota bipartita con la quale comunicavano la loro intenzione di sciogliere il Governo Alleato Militare e di trasferire all’Italia l’amministrazione della zona A. Il governo di Belgrado protestò vivacemente, perché il suo potere negoziale sulla possibilità di ottenere alcune zone chiave della zona A decadeva e allo stesso tempo veniva meno la possibilità di negoziare compensi adeguati con l’Italia per la rinuncia di Trieste.

Lo stallo fu superato agli inizi del 1954 quando USA e Gran Bretagna convocarono un negoziato strutturato in due fasi: una trattativa separata con la Jugoslavia e poi, una volta raggiunto l’accordo, un nuovo negoziato con l’Italia. La questione si risolse nell’ottobre dell’anno successivo con il Memorandum di Londra, che entrò in vigore il 26 ottobre 1954. In questo modo l’Italia poté estendere alla zona A la propria amministrazione. Lo stesso fece il governo jugoslavo in zona B.

Il memorandum è un accordo pratico, non un trattato internazionale. Questa ambigua soluzione fu risolta solo nel 1975 con il Trattato di Osimo, definizione formale della nuova linea di confine.

Nel cinegiornale de «La Settimana Incom» vengono citate le intese di Londra, con anche la data, e le dichiarazioni italiane e jugoslave che con determinazione rivendicano i territori. Mentre, il mondo libero racconta la partenza degli Alleati dal territorio libero di Trieste e le esercitazioni al confine dell’Esercito italiano con l’intento di riaffermare «che per tradizione, storia e civiltà» Trieste è italiana.

L’etimologia della parola confine deriva dal latino cum finis. Frons (frontis) è l’etimologia, sempre latina, da cui deriva la parola frontiera.

Il confine è la linea che definisce lo spazio soggetto al potere di uno Stato dallo spazio di un altro Stato. Il punto di vista è del diritto internazionale e della geografia politica. Un luogo fisico che risponde ad una condivisione della demarcazione.

La frontiera, ciò che è davanti. Legalmente corrisponde alla striscia di territorio che si trova vicino al confine dei due stati. Un luogo di transito, un luogo meno definito e per questo più immaginario. Dove i popoli possono passare, fermarsi, incontrarsi.

I cinegiornali dell’Archivio storico Luce parlano delle scelte politiche centrali per determinare i confini. I popoli non si incontrano. Si racconta il conflitto identitario. Credo che, una nuova frontiera, sarà una indagine sulle fonti private. Si potrebbe costruire un percorso tra fonti coeve e raccontare molto di più sul luogo indefinito ed immaginario della frontiera.

Patrizia Cacciani

Responsabile Ufficio studi, ricerche, didattica e biblioteca dell’Archivio storico Luce – Cinecittà S.p.A. Si occupa dell’archiviazione del patrimonio storico e audiovisivo dell’Archivio, delle ricerche e degli approfondimenti scientifici sulla documentazione storica, anche attraverso collaborazioni con università e studiosi, delle relative attività editoriali, dei convegni e dei seminari di studi, della didattica e della formazione con il patrimonio audiovisivo nelle scuole di ogni ordine e grado. Dipendente dell’Azienda dal 1° gennaio 1986.

I CINEGIORNALI E GLI ANTI-CINEGIORNALI SLOVENI NEL VORTICE DELL’INFORMAZIONE E DELLA PROPAGANDA

di Andrej Šprah

Se la propaganda, pur con tutti i suoi pericoli, ci ricorda di affrontare il mondo in cui viviamo e ci incoraggia a non rimanere neutrali ma a prendere posizione, io sono a favore. Ci aiuterà a progettare il nostro personale movimento di resistenza. Dopo tutto, siamo noi stessi che ci lasciamo ingannare.

Robert Vas

Le questioni relative alla rilevanza storica delle immagini del passato sono aggravate dal problema del rapporto tra l’immagine e la realtà che cattura. La differenza tra storiografia – “storia-in-parole” e storiofotia – “storia-in-immagini” è dunque percepibile nella particolarità dei modi in cui gli eventi passati sono stati espressi o rappresentati durante la loro durata. La storiofotia è un concetto proposto dallo storico americano Hayden White come critica all’inflessibilità e all’insistenza che gli storici mostrano nel considerare la presentazione discorsiva o la narrazione verbale di maggiore importanza nell’ambito degli studi. Nella sua ricerca, White si occupa in particolare della relatività delle varie forme di interpretazione del passato, o della relatività di quella «che può essere chiamata storiofotia (la rappresentazione della storia e del nostro pensiero su di essa in immagini visive e in discorso filmico), dei criteri di verità e precisione che presumibilmente dominano nella storiografia professionale (la rappresentazione della storia in immagini verbali e nel discorso scritto)»[1]. Nel presente contributo ci interessa principalmente la questione della storiofotia in relazione ad una forma specifica di produzione documentaria, cioè del cinegiornale.

La storiofotia non parte dal presupposto che la testimonianza “fotografica” o “audiovisiva” renda un fatto storico più rilevante o credibile, ma si basa sul concetto che l’elemento chiave è proprio la consapevolezza di come (in che modo, con quali mezzi) un’immagine filmica o audiovisiva crea o acquisisce il suo significato. Sia il compito che la missione chiave della storiofotia sottolineano la necessità di esaminare simultaneamente sia i “fatti storici” che analizzare i modi in cui il loro significato è stato creato. La sua missione centrale si basa sul principio della doppia consapevolezza; da un lato nasce dalla consapevolezza della natura (soggettiva) dei “fatti” storici e, dall’altro, da un presupposto sulla natura specifica (soggettiva) dei “fatti” cinematografici o audiovisivi.

Nel processo di sviluppo del cinegiornale come forma particolare di informazione cinematografica, tali spostamenti nella direzione “dell’informazione” sono il risultato di innovazioni formali e/o cambiamenti nell’espressività.

Lo sviluppo del cinegiornale è avvenuto in due direzioni cardinali: da un lato, come forma di informazione proposta da parte di coloro che cercavano di controllare, dirigere e adattare le informazioni, e quindi influenzare la percezione della “realtà” degli avvenimenti; dall’altro lato, invece, come forma di contro-informazione in mano ad iniziative di opposizione e di critica che cercavano di relativizzare l’informazione “ufficiale” e di evidenziarne la realtà opposta. I cinegiornali sono diventati così ben presto uno strumento di propaganda estremamente efficace, in quanto creati secondo le finalità e le aspirazioni dei regimi dominanti interessati, dei personaggi o delle istituzioni che li finanziavano con un ampio capitale. In una situazione del genere si è cominciato ad instaurare un peculiare rapporto tra fatti, eventi e informazioni, in cui hanno prevalso tre strategie fondamentali: la propaganda, l’indottrinamento e l’informazione.

Analogamente come nel resto del mondo, il sistema politico nella Repubblica Socialista Federale della Jugoslavia dopo la Seconda guerra mondiale era consapevole del valore propagandistico dei cinegiornali, poiché iniziarono a crearli subito dopo la liberazione. La produzione all’inizio centralizzata si adattò ben presto alle esigenze delle singole repubbliche, il che significa che la Slovenia iniziò nello stesso anno la propria produzione di cinegiornali. Tra il 1945 e il 1951 in Slovenia furono girati 54 numeri di cinegiornali. Ogni filmato durava tra i 12 e i 18 minuti. La produzione totale comprendeva 21.811 metri di pellicola, che corrisponderebbero a nove lungometraggi della durata “standard” di 90 minuti. Nonostante la loro produzione nelle singole repubbliche fosse terminata, la produzione federale è continuata fino alla fine degli anni Ottanta. Fino ad allora, i cinegiornali con il nome «Filmske novosti» (Cinenotizie), dovevano essere proiettati nei cinema di tutta la Repubblica Socialista Federale della Jugoslavia prima dei lungometraggi.

A livello di contenuti, agli inizi della loro produzione, i cinegiornali sloveni trattavano principalmente temi politici e d’informazione legati alla guerra di liberazione, alla rivoluzione e al culto della personalità del maresciallo Tito. «Filmske novice» (Cinenotizie) 1 Lubiana saluta i liberatori (1945) è stato presentato in anteprima il 15 giugno 1945 prima del lungometraggio Ivan il Terribile di S. M. Eisenstein. «Filmske novice» 2 La gioventù a Tito; il maresciallo Tito a Lubiana (1945) è interamente dedicato al presidente della federazione, con il terzo numero de «Filmske novice» Il compagno Kardelj a Lubiana; Trieste; Basovizza; La ricostruzione di Rašica; Al di là dell’Isonzo; Sui campi di Krško; Per mari e monti (1945), invece, il campo dell’informazione e dell’indottrinamento cominciarono ad allargarsi ad altre sfere più tradizionali dell’informazione. Se guardiamo al patrimonio dei cinegiornali sloveni dal punto di vista della storiografia, sono di vitale importanza sia i contenuti dei singoli numeri che formano tutto l’insieme che quelli dei singoli servizi. In termini di contenuto, prevalgono i temi dell’informazione “standard”, come quelli che ritroviamo anche oggi nelle varie forme di reportage. Questi sono: questioni politiche attuali (sviluppi politici interni; sviluppi politici esteri), economia, cultura, questioni socio-sanitarie, sport e tempo libero. Dal punto di vista della storiofotia sono cruciali l’uso dei fondamentali mezzi espressivi filmici: il lavoro della macchina da presa, il montaggio, il suono, l’uso della musica diegetica e non, il commento cinematografico, ecc.

In questo contesto, erano di fondamentale importanza i numeri o i servizi di svolta, ossia le situazioni in cui un certo approccio creativo appare per la prima volta o devia da una norma formale standard. In quest’ottica, si possono distinguere in particolare tre fasi dello suddetto sviluppo: 1) la fase iniziale nella quale prevale il fascino dell’immagine e l’uso di suoni realistici, mentre il commento è (ancora) prevalentemente informativo, 2) la fase centrale dove il commento è dominato dall’indottrinamento ideologico che controlla e gestisce il materiale audiovisivo, 3) la fase finale dove si nota fortemente un ritorno alla malìa dell’immagine e alle possibilità espressive (artistiche) del mezzo cinematografico. Dal punto di vista dello sviluppo della creatività cinematografica slovena, i cinegiornali rivestono un’importanza fondamentale in quanto palestra per numerosi registi che imparavano a usare l’espressività e la tecnologia cinematografica. Tra loro troviamo alcuni dei più importanti registi sloveni di lungometraggi come Mirko Grobler, Jane Kavčič, France Kosmač, Igor Pretnar e France Štiglic. In tale sviluppo, è estremamente interessante che l’episodio conclusivo dell’ultima rivista slovena (n. 54 del 1951) sia Le riprese e le scene del film Kekec. Ciò significa che la produzione si è conclusa con un documentario sui film; reportage sulla produzione di uno dei più grandi successi cinematografici in Slovenia.

Nei cinegiornali come forma di informazione sono fondamentali soprattutto il cosiddetto “commento oggettivo onnisciente” (Voce di Dio o Voce della Conoscenza) – che ci spiega come guardare “correttamente” ciò che vediamo sullo schermo – e le musiche del film – che dirigono l’attenzione su una certa base ideologica (ad esempio i canti di battaglia, canti rivoluzionari, ecc.). Entrambi sono mezzi fondamentali di indottrinamento e della propaganda.

Pertanto gli anti-cinegiornali, emersi come contro-informazione in risposta alla straordinaria espansione della produzione dei cinegiornali commerciali, guidata ideologicamente, hanno adottato strategie diverse. Invece di commentare, hanno cercato di far “parlare” direttamente (cioè “ottenere il diritto di parola”) gli stessi attori sociali. Questi anti-cinegiornali aumentarono allo scoppio degli scontri più violenti delle lotte di classe. In essi, esprimevano la loro visione del mondo principalmente i movimenti sindacali e operai, le iniziative critiche e i collettivi rivoluzionari. Diventarono i principali mezzi di informazione, diffondendosi durante gli anni Sessanta nel corso dei fermenti di liberazione in America Latina, all’interno dei movimenti di resistenza che hanno attraversato l’Occidente europeo e si sono maggiormente sviluppati in Francia, Italia, Germania e Regno Unito; ma anche nelle lotte riformiste nell’Europa orientale, che ebbero il loro culmine formale e simbolico in Cecoslovacchia nella famosa Primavera di Praga del 1968.

L’ultima ondata dei movimenti legati agli anti-cinegiornali è sorta dinanzi alle nuove forme di lotte sociali e di protesta che hanno caratterizzato il primo decennio del nuovo millennio. Esse si estendono dalle proteste contro la globalizzazione, attraverso le attività degli attivisti del movimento Occupy, o le rivolte dei lavoratori, dei sindacati e dei contadini, fino ai movimenti ribelli locali in Europa e nel mondo. È così che è nata in Slovenia una nuova iniziativa cinematografica critica sotto forma di collettivo informale chiamato Obzorniška fronta (Fronte del cinegiornale), riunito attorno ai progetti artistici di Nika Autor. L’autrice, non a caso, ha intitolato uno dei suoi progetti cinematografici e artistici maggiormente conosciuti del 2013 Obzornik 55 (Cinegiornale 55). Con questa simbolica numerazione è come se volesse riprendere la produzione dei cinegiornali interrotta nel 1951.

Obzorniška Fronta (Fronte del cinegiornale) è un collettivo sloveno di autori che operano nel campo della teoria e dell’arte. Le loro opere da un lato riguardano stringenti avvenimenti contemporanei in Slovenia – dalle rivolte popolari alla lotta per i diritti dei lavoratori illegali, dei rifugiati, delle comunità ignorate e messe a tacere; dall’altro invece, si dedicano ai cortocircuiti che si creano, mettendo in relazione gli eventi attuali con quelli passati. La caratteristica specifica dei loro lavori è particolarmente evidente su due aspetti: nell’individuare elementi di connessione sia a livello di contenuto che sul piano formale, poetico o analitico e nel considerare le correlazioni come una forma di riflessione critica.

In questa direzione Obzornik 55 (Cinegiornale 55) si svolge in diversi periodi storici (il periodo della Seconda guerra mondiale, le proteste sindacali a Maribor nel 1988, i genocidi allo scioglimento della Repubblica Socialista Federale della Jugoslavia, le rivolte popolari slovene nel 2012-2013) e su diversi livelli visivi (filmati d’archivio e materiale televisivo, filmati amatoriali, fonti giornalistiche stampate, attuali immagini di guerriglia). L’uso di materiali visivi è spesso abbinato a commenti verbali, citazioni e didascalie, con cui il film si interroga sullo status e sul significato dell’immagine negli sconvolgimenti e nei conflitti sociali.


[1] Traduzione mia. Nell’originale: «[…] the relative adequacy of what we might call ‘historiophoty’ (the representation of history and our thought about it in visual images and filmic discourse) to the criteria of truth and accuracy presumed to govern the professional practice of historiography (the representation of history in verbal images and written discourse)». (H. White, Historiography and Historiophoty, in «The American Historical Review», vol. 93, numero 5, dicembre 1988, p. 1193.)

Andrej Šprah

Capo del Dipartimento di ricerca ed editoria della Cineteca slovena, docente nel campo della Storia e teoria del cinema e della televisione presso l’Accademia di teatro, radio, cinema e televisione dell’Università di Lubiana e nel campo delle Arti visive presso l’Accademia di Arti Visive A.V.A. Dirige programmi andragogico-pedagogici presso la Cineteca slovena. È un teorico del cinema, autore di numerosi saggi e dibattiti in cui discute i fenomeni del film documentario, del cinema globalmente impegnato, del cinema sloveno e della cinematografia dell’ex Jugoslavia.

Si ringrazia per le foto dei profili Saša Mrak.

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