Nel continuare il racconto delle passeggiate per parchi romani, ho voluto raccontare insieme Villa Ada Savoia e Villa Torlonia perché nel patrimonio dell’Archivio storico Luce la prima è praticamente assente, mentre la seconda è molto presente.
Due modi e due mondi diversi di rendere il privato pubblico e il pubblico privato.
La regina Elena amava molto Villa Ada. Qui, lei viveva con i suoi figli, “una vita quasi borghese”.
La regina Elena e il re Vittorio Emanuele III amavano fotografare. Furono tenaci sostenitori nel volere la costituzione del Gabinetto Fotografico Nazionale anche per l’amicizia personale con Giovanni Gargiolli, primo direttore. Presso l’ICCD è conservato il fondo fotografico di Casa Savoia come pure il fondo del fotografo Mario Nunes Vais che fu fotografo di Casa Reale. Questo ci testimonia che se nelle occasioni istituzionali i fotografi e gli operatori Luce erano presenti, ciò non era previsto nella vita privata dei reali.
Dal 1922 al 1939 tutti e cinque figli si sposano e ricevono in dono una residenza all’interno del comprensorio di Villa Savoia. Nel 1922 Mafalda di Savoia si sposa con Filippo d’Assia e va a risiedere a Villa Polissena; nel 1923, Iolanda di Savoia sposa, secondo i suoi desideri, il conte Giorgio Carlo Calvi di Bergolo, ufficiale di cavalleria; nel 1930, l’erede al trono, Umberto di Savoia, sposa Maria José del Belgio; nel 1930, Giovanna di Savoia sposa Boris III e diventa “zarina di Bulgaria”; nel 1939, Maria di Savoia sposa Luigi Carlo di Borbone e riceve in regalo Villa Maria, il vecchio Casino di Villa Pallavicini.
Lasciamo Villa Glori dal Parco della Rimembranza e percorriamo il viale della Moschea, per circa trenta minuti. Entriamo in Villa Ada Savoia dall’accesso di via Ponte Salario.
L’area sulla via Salaria sino all’antico ponte Salario era agro romano, ricco di vigne come la vigna di monsignor Natale Saliceti, la vigna di Michele Capocaccia e la vigna Barigioni ed appezzamenti coltivati.
Tra il 1785 ed il 1789 il principe Luigi Pallavicini acquista sulla via Salaria la vigna di Domenico Calzamiglia, trasformando il luogo in una grande proprietà. Farà costruire il Casale Pallavicini, recupero del casino nobile dei Calzamiglia, il Tempio di Flora, o coffee house, ed il Belvedere. Verso la metà dell’Ottocento la villa viene acquistata dalla famiglia reatina Potenziani, dal 1835 governatore della Banca romana.
Tra il 1872 ed il 1879 la villa diventa di proprietà dei Savoia, che vogliono una residenza suburbana, non lontana dalla città, ma comunque distante dal Quirinale, ospedale durante il primo conflitto mondiale e Ministero della Casa Reale già dal regno di Vittorio Emanuele II. Umberto I non amava la villa e la vende al conte Giuseppe Telfner, amministratore della Real Casa. Sua moglie si chiamava Ada Hungerford, una ricca elegante americana. E’ lei che darà il nome alla villa.
Continuando per via di Ponte Salario, dentro la villa, si arriva al Forte Antenne, in abbandono, realizzato tra il 1882 ed il 1891. Ultimo di quindici forti del campo trincerato progettato all’indomani dell’Unità d’Italia per la nuova capitale. Nel 1837, l’archeologo Antonio Nibby rinvenne e localizzò nello stesso luogo il sito archeologico dell’antica città sabina di Antemnae, ante amnes: “davanti ai fiumi”. Infatti era situata nel punto dove il fiume Aniene confluisce nel fiume Tevere.
Nel 1904 i Savoia riacquistarono la villa che rimase nella totalità della loro proprietà sino al 1946. Tra il 1944 ed il 1946 fu occupata prima dal Comando Tedesco e poi dagli Alleati.
Con la caduta della monarchia, la parte della villa che era di proprietà personale del re andò ai suoi eredi, mentre la parte di proprietà della Real Casa divenne patrimonio dello stato repubblicano.
Nel 1958 il comune di Roma acquista 3 ettari del parco e lo rende pubblico. Nel 1996 fu acquisita, sempre dal comune di Roma, tutto il comprensorio della villa fatta eccezione della villa reale. L’anno successivo gli eredi Savoia vendettero la villa ed i giardini di pertinenza all’Ambasciata della Repubblica araba d’Egitto, che la utilizzavano già dagli anni Cinquanta come ringraziamento dell’accoglienza data ai reali in esilio.
Il grande Parco ha la configurazione irregolare di un giardino all’inglese: vegetazione rigogliosa di boschi di lecci, querce da sughero, pinete e prati. L’area rimasta più integra dal punto di vista naturalistico, ingresso da via Panama, ha una zona boschiva a macchie di pini, lecci, allori e castagni. Gli scoiattoli, i ricci e i conigli hanno trovato casa, nonostante il degrado.
La passeggiata per raggiungere Villa Torlonia è molto impegnativa, trattandosi di un percorso prevalentemente urbano. Il parco di Villa Ada Savoia lo percorriamo tutto e ci inebriamo, in una bella giornata di sole, dei suoi boschi profumati, usciamo da via Salaria, percorriamo via di Villa Ada, attraversiamo piazza Verbano, scendiamo per via Topino sino a corso Trieste, per un breve tratto, per imboccare viale Gorizia, poi via degli Appennini, proseguiamo per il lungo tratto di via Capodistria, che fiancheggia Villa Paganini, ed arriviamo all’ingresso principale di Villa Torlonia su via Nomentana. Parliamo di una camminata di circa un’ora, passando dal quartiere Salario al quartiere Nomentano.
Una piccola digressione su Villa Paganini attraverso le foto conservate nel patrimonio dell’Archivio Storico Luce: dalla serie L, il fondo fotografico del Gabinetto Fotografico Nazionale caro ai reali, una foto che testimonia il Monumento ai Caduti Salario Nomentano, opera in bronzo su masso di travertino di Arnaldo Zocchi, prima che fosse trasferito a Villa Paganini, nel 1938, si trovava in piazza Regina Margherita all’incrocio con via Alessandria, presente nella copertina dell’articolo, e dal fondo Luce reparto attualità due foto dell’inaugurazione di Villa Paganini nel 1934.
Una giornata romana di Benito Mussolini, cortometraggio prodotto dall’Istituto Nazionale Luce, racconta bene il privato che diventa pubblico. Mussolini viene ripreso nella quotidianità di una giornata dove prevale il suo ruolo di padre alle prese con i suoi figli minori, Vittorio ed Annamaria. Il soggetto è in lingua inglese. Quindi destinato al pubblico estero, nel 1938 quando le ipotesi di un nuovo conflitto si stavano facendo sempre più evidenti. Un racconto rassicurante perché mette in evidenza la casa, la famiglia, i figli.
Il documentario, come altri servizi di cinegiornali e di fotografie, ci mostrano come Villa Torlonia abbia svolto una funzione pubblica e politica: luogo di ospitalità ed incontro per personalità italiane e straniere, contemporaneamente luogo della vita quotidiana del massimo capo del fascismo.
Contrariamente a quanto scritto su Villa Ada Savoia, non mi dilungo sulla storia di Villa Torlonia, che troverete sul sito della Proloco del Comune di Roma ed in quello Musei di Villa Torlonia sempre del comune. Su questo ultimo mi piace ricordare che i materiali dell’Archivio Storico Luce sono stati molto utilizzati dalla Sovrintendenza Capitolina sia per i restauri che per la storia del luogo. Un percorso audiovisivo fa parte integrante del percorso museale del Casino nobile, in particolare all’ultimo piano dove è stato allestito il Museo della Scuola Romana.
Unico accenno al Villino medievale di Villa Torlonia che fu sede dal 1929 dell’Istituto Internazionale di Cinematografia Educativa ed oggi sede della ludoteca tecnologico scientifica Thecnotown.
Il cinegiornale racconta della visita di Louis Lumiere all’Istituto. Entrambi gli archivi filmici ed audiovisivi sono considerati patrimonio dell’umanità perché iscritti al Registro Memory of The World dell’Unesco.
Si ringrazia il sito Roma2pass per i contributi in corsivo realizzati dall’Associazione AMuse amici del Municipio II di Roma.