Nel 1961, in occasione del Centenario dell’Unità d’Italia, Torino indossa nuovamente le vesti di capitale e si trasforma in un luogo avveniristico proiettato verso il futuro con l’Esposizione internazionale del Lavoro.
Uno degli eventi che caratterizzano la manifestazione celebrativa è Flor ’61:
La grande esposizione floreale che si svolse tra il 28 aprile ed il 15 giugno 1961 in 45.000 mq del Palazzo degli Espositori e in 140.000 mq nel Parco del Valentino. Inventore di questo evento il fondatore e direttore della Scuola per Giardinieri di Grugliasco, il cavaliere Giuseppe Ratti.
(Il Vaso di Terracotta Aneddoti e curiosità storico-letterarie su Torino e il Piemonte, si ringrazia per la foto)
Giornale La Settimana Incom 2071 del 5 maggio 1961 Il ministro Folchi inaugura la mostra Flor ’61.
Il Parco è situato lungo le rive del Po. Si estende dal ponte monumentale Umberto I al ponte Isabella, quindi da Corso Vittorio Emanuele II a Corso Dante. E’ la più famosa ed antica aerea verde della città e vanta un prezioso ambiente naturalistico.
Il nome Valentino deriva dai caratteri geomorfologici della regione, denominata «Vallantinum», territorio non pianeggiante e uniforme, segnato dalla presenza di una valle solcata da un corso d’acqua, la bealera del Valentino che tuttora scorre interrata: “Dal 1694 il canale fu amministrato da un consorzio al quale partecipavano, insieme a numerosi privati, il Regio Demanio e l’Azienda della Real Casa, competenti per l’irrigazione dei giardini, degli orti e dei prati delle cascine del Tenimento del Valentino. Dopo l’edificazione della Cittadella un suo ramo supplì ai bisogni idrici della fortezza. In seguito beneficiarono delle sue acque anche l’Orto botanico ed una fabbrica di cartoni. In quanto corso d’acqua irriguo il tracciato del canale mutò più volte nel corso del tempo e con l’urbanizzazione dei territori attraversati fu ricondotto al disegno delle nuove vie e strade. Con la funzione di condotto collettore della fogna bianca rimase in attività fino a pochi anni or sono”. (icanaliditorino.it)
Dopo la pace di Chateau Cambresis nel 1559, Emanuele Filiberto trasferisce la capitale del regno sabaudo da Vercelli a Torino ed acquista la villa che diventerà Castello del Valentino.
Villa fluviale con affaccio rivolto verso il fiume Po, con Cristina di Francia, vedova di Vittorio Amedeo I, prima Madama Reale, l’edificio si trasforma estendendo il territorio di pertinenza con l’inserimento di una collina, dove viene costruita una vigna (Vigna di Madama Reale). “ Nel 1921 viene pubblicata, per volere del proprietario – il produttore di automobili Vittorio Diatto, autore di importanti interventi nel parco – la guida La Vigna di Madama Reale sul colle di San Vito presso Torino, a cura di Riccardo A. Marini, cui si deve la prima ricerca su documenti d’archivio. Nel 1927 la proprietà viene acquistata da Werner Abegg, industriale svizzero del tessile e collezionista, che trasforma la Vigna in un centro studi internazionale, in stretto rapporto con il Museo Civico di Palazzo Madama e con Vittorio Viale, suo direttore dal 1930 al 1965. Nel 1983 i signori Abegg donano la proprietà alla Città di Torino e l’Istituto Bancario San Paolo di Torino acquista la proprietà superficiaria della Villa e l’uso di parte dei giardini. La restante porzione del Parco della Vigna di Madama Reale fa parte del Verde pubblico di Torino, Parchi collinari, ed è aperta alle visite (sabato e domenica)”. (nota 1)
La struttura viene raddoppiata, saranno realizzate due torri, dei portici terrazzati e due nuovi padiglioni. Un avancorpo verso la città dove due scaloni a doppia rampa raggiungono la loggia, al piano nobile dove viene realizzato un Salone d’onore.
“Non più residenza di corte, all’inizio dell’Ottocento, il palazzo ospita la Scuola di Veterinaria e quindi è adibito a caserma militare fino alla cessione dalla Corona al Demanio dello Stato nel 1850. Alla metà del secolo, l’area sulla sponda sinistra del Po è adibita a parco pubblico, presentato in occasione della Sesta Esposizione nazionale dei prodotti di industria voluta dal Ministro delle Finanze Camillo Benso conte di Cavour al Castello del Valentino, allora restaurato su progetto di Luigi Tonta e Domenico Ferri. In adesione alla cultura dell’Eclettismo allora diffusa, con un linguaggio storicista, le terrazze di collegamento tra le torri sono sostituite da due ampie gallerie ed è modificato parte dell’apparato decorativo delle sale al piano nobile. I lavori ottocenteschi ribaltano definitivamente l’affaccio principale verso Torino, segnando il passaggio dall’idea di palazzo a quella, ottocentesca, di «castello». Nel 1859, la legge Casati segna il riordino dei percorsi formativi di ogni ordine e grado e, a Torino, decreta l’apertura della Regia Scuola di applicazione per gli ingegneri, inaugurata nei primi anni Sessanta al Valentino. Oggetto di successivi interventi di ampliamento e di restauro, il Castello diviene sede universitaria, luogo di ricerca e di studi approfonditi, nonché di sperimentazioni scientifiche e tecnologiche che consentono, nel cantiere tuttora costantemente aperto con il sostegno dell’Ateneo, le migliori scelte per la tutela e la conservazione del bene culturale”. Dal 1997 è iscritto al registro UNESCO patrimonio dell’umanità e la gestione è del Politecnico di Torino. (nota 2)
Nel 1911 l’Italia celebra il 50 esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Fu una ricorrenza straordinaria per mostrare i progressi del Paese in campo economico, sociale e culturale compiuti dai tempi dell’Unità. Le iniziative più importanti furono le esposizioni internazionali realizzare nelle tre capitali: Roma, dedicata alla mostra etnografica e regionale, Firenze, sulla mostra del ritratto italiano e Torino, sul progresso industriale e manifatturiero.
Come avvenuto nel 1898, con l’Esposizione generale italiana e dell’arte sacra, l’Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro trova nel Parco del Valentino la sua sede naturale. Sulle rive del fiume Po, a partire dal 1805, vengono realizzate vere e proprie città nella città. Strutture provvisorie, che non rimangono alla città, se non per alcune eccezioni. Ospiteranno milioni di visitatori affascinati da una offerta innovativa di prodotti ed attività, da tutto il mondo. Vi erano linee di trasporti per muoversi dentro lo spazio espositivo.
Si ringrazia il Museo del Cinema di Torino, dal suo account vimeo il documentario sull’esposizione del 1911.
Giornale Luce B1017 del 30 dicembre 1936 La visita nel borgo caratteristico vicino al castello medievale tra le botteghe artigiane.
Alfredo d’Andrade (1839-1915), architetto e studioso portoghese costituì per l’esposizione una comunità di ingegneri, pittori e studiosi per ricostruire, a sud del Parco del Valentino, nella sponda sinistra del Po, un Borgo medievale. Il borgo doveva essere progettato secondo criteri filologici e costruttivi dei borghi quattrocenteschi presenti nel territorio piemontese e valdostano. Direttore dei lavori fu l’ingegner Riccardo Brayda, coadiuvato da Carlo Nigra, e, in un secondo momento, Alfredo D’Andrade.
Il Borgo rappresenta il prodotto della cultura positivista (come dimostrano gli studi e le campagne fotografiche che preludono la realizzazione) ma anche della riscoperta dell’arte e dell’architettura medievale proposti a livello internazionale dall’architetto francese Eugéne Viollet Le Duc (1814-1879) e dall’artista inglese William Morris (1834-1896). Presero così forma all’interno del Borgo, tra le diverse ricostruzioni, la cinta difensiva diroccata con fossato, le case medievali di Bussoleno, Alba, Mondovì, la torre di avvistamento con bertesche di San Giorio in Valle di Susa e, nella Rocca, la cucina del castello di Issogne, la sala baronale con gli affreschi della Manta. Posta la prima pietra il 12 dicembre 1882, l’intero complesso venne inaugurato alla presenza di re Umberto I (1844-1900) e della regina Margherita (1851-1926) il 27 aprile 1884. (nota 3)
Il 1° maggio 1928, sempre nel parco, viene inaugurata la mostra IV centenario di Emanuele Filiberto e X anniversario della vittoria, durerà sino al 4 novembre. Emanuele Filiberto, duca di Savoia, era il vincitore della pace di Chateau Cambresis, aveva sconfitto i francesi e riottenuto il regno. La vittoria del primo conflitto mondiale era l’ultimo, in ordine di tempo, grande evento ascrivibile esclusivamente alla famiglia reale , prima dell’avvento del fascismo.
Giornale Luce A0076 del maggio 1928 Emanuele Filiberto inaugura l’esposizione di Torino.
L’inaugurazione delle celebrazioni sono nelle mani di Emanuele Filiberto Savoia Aosta che nel suo nome ricorda il vincitore cinquecentesco e nella sua persona, con il soprannome di “Duca invitto”, che alla testa della 3° armata del Regio Esercito non aveva riportato che vittorie durante la Prima Guerra Mondiale, rappresenta la grande epopea sabauda.
Per l’occasione allo Stadium di Torino, costruito nel 1911 in prossimità di piazza d’Armi nel quartiere Crocetta, viene ricostruito un carosello storico militare con il principe Umberto che impersona Emanuele Filiberto e la principessa Iolanda nei panni di Margherita di Francia.
Carosello Storico-militare a Torino, il servizio del reparto attualità del Luce:
Allo Stadium di Torino un fastoso carosello storico per celebrare il quarto centenario di Emanule Filiberto e il decimo annuale della vittoria 26.05.1928
I padiglioni provvisori che verranno realizzati, nel parco del Valentino, continuano a raccontare, come avvenuto nelle altre esposizioni, la storia economica, imprenditoriale, politica della città e del paese.
Giornale Luce A0174 del settembre 1928 Industria italiana all’esposizione di Torino.
Giornale Luce A0175 del settembre 1928 All’esposizione di Torino gli stabilimenti di Cogne.
Nella biblioteca del Museo civico di Torino è conservato una pubblicazione preziosa “Padiglioni. 7padiglioni d’esposizione Torino 1928” architetti Giuseppe Pagano-Pogatsching, Gino Levi Montalcini, Ettore Pittini, Paolo Perrone, prefazione di Roberto Papini.
Una bellissima foto, Aereofotografia eseguita dalla Navigazione civile Milano, ci mostra i padiglioni ultimati nel Parco del Valentino, sul lungo Po. Le dimensioni sono considerevoli soprattutto se si pensa che di tutto ciò non rimarrà alcunché. I padiglioni sono: Chimica, Feste e Moda, Caccia e Pesca, Marina e Aereonautica, Miniere e Ceramiche. Chiudono la pubblicazione i due nuovi ponti che verranno costruiti per l’occasione e che saranno quanto rimarrà alla città: ponte Vittorio Emanuele III (oggi ponte Balbis) e ponte Principe di Piemonte (oggi ponte di Sassi).
Disegni, piante, plastici , elementi decorativi, arredi e fotografie dei padiglioni, raccontano tutto il percorso per la realizzazione della fiera espositiva.
Ma torniamo al nostro Giuseppe Ratti. Il cavaliere non nasce giardiniere, piante e fiori sono una sua passione. In realtà il suo primo mestiere è quello di fotografo. Il fondo Giuseppe e Odoardo Ratti, fratelli, è conservato presso la fototeca del Museo del Cinema di Torino. Qui sono conservate cartoline fotografiche del negozio di ottica Berry in via Caboto. La sua fama maggiore arriverà con la realizzazione di un paio di occhiali da sole famosi in tutto il modo: i Persol (per il sole), studiati per aviatori e piloti sportivi.
In occasione del Flor ’61 Giuseppe Ratti realizza il Giardino Roccioso. 12.000 mq di giardino, in una piccola valle, solcata da stradine lastricate, ruscelli, giochi di acqua, terrazzi e punti di sosta. Nel 1965 il giardino fu ingrandito per comprendere un bellissimo roseto con una collezione di oltre 2000 tipi di rose.
Qualche anno fa tutto il parco ha subito un’operazione di restyling. E nel giardino roccioso di Ratti sono stati introdotti elementi che fanno parte della nuova narrazione per le aree verdi.
Un parco dove si coniuga l’arte con il verde: la panchina innamorata, i lampioni che si abbracciano ed un gattino accanto, due innamorati in bicicletta, tutte opere di artisti torinesi come Cesare Biscarra ed Edoardo Rubino. Un luogo dove anche le persone disabili possono godere della bellezza naturalistica: “…un percorso plurisensoriale, detto anche percorso “for all”, pensato per le persone non-vedenti e per chi ha problemi di vista. Le tabelle descrittive disseminate lungo il percorso presentano anche la descrizione in braille per permettere alle persone con difficoltà visive di approfittare delle spiegazione e delle presentazioni delle varie attrazioni del Giardino Roccioso. Le descrizioni sono state tradotte anche in lingua inglese ed è stato utilizzato il carattere Easyreading (al alta leggibilità) utile anche alle persone con problemi di dislessia. Insomma, un giardino per tutti il cui obiettivo, oltre alla piacevolezza dell’ambiente rilassante e visivamente entusiasmante, è quello di far conoscere al più ampio numero di persone gli splendidi esemplari di vegetazione presenti al suo interno”. (dal sito guidatorino.com)

Approfondire i materiali audiovisivi dell’Archivio storico Luce cercando di allargare lo sguardo verso altri archivi o cineteche che conservano documentazione afferente, attraversando e riconoscendo nelle storie punti di contatto, mi ha dato la consapevolezza come ogni luogo non può che appartenere al luogo dove si trova perché è proprio dove si trova che lo rende com’è.